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Al massimo del loro fulgore, aa cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80, i New York Cosmos erano conosciuti in tutto il mondo per l'aver assemblato il più impressionante numero di stelle del calcio mai visto, superato forse solo dai Galacticos del Real Madrid di oltre 20 anni dopo. Nella breve storia dei Cosmos originali (1971-1984), furono ben 25 i giocatori che parteciparono ai Mondiali, con quattro che ebbero l'onore di alzare il trofeo. Un numero notevole, considerando che all'epoca la Nazionale USA era praticamente inesistente, e infatti fu assente dalla Coppa del Mondo dall'edizione 1954 per poi qualificarsi di nuovo solo nel 1990. Il più grande ad aver mai indossato la maglia dei Cosmos (1975-1977) - e insieme a Diego Armando Maradona (che sarebbe potuto finire a NYC nel 1980 e poi nel 1984) anche ad aver calcato i campi di calcio - è stato sicuramente Pelé, che alzò la Coppa Rimet nel 1958, 1962 e 1970, anno in cui il capitano del Brasile vincitore era Carlos Alberto, che poi avrebbe raggiunto Pelé a NY nel 1977, rimanendovi sino al 1982 (con un breve passaggio ai California Surf nel mezzo). Sempre nel 1977 - l'anno d'oro dei Cosmos, a NY arriva anche "Kaiser" Franz Beckenbauer, capitano della Germania Ovest campione del mondo 1974 e fresco di Pallone d'Oro. Con Carlos Alberto e Beckenbauer insieme i Cosmos sono a tutt'oggi l'unica squadra ad aver schierato insieme due capitani di Nazionali campioni del mondo. Da non dimenticare che ad indossare la maglia dei NYC furono altri due campioni del mondo: Gordon Banks, che nel 1976 partecipò allo European Tour, e Rivelino nel 1977, anche lui per delle amichevoli. Non ha vinto i Mondiali, ma ha giocato due finali, perdendole, l'olandese Johannes Neeskens (1979-1984), mentre il suo compagno di sempre prima all'Ajax e poi al Barcellona, Johann Cruyff, che ai tanti impegni internazionali dei Cosmos alla fine preferì LA, indossando la maglia del club di NYC solo per due amichevoli. Due soli gli italiani: Giorgio Chinaglia e Pino Wilson, che dopo aver vinto lo Scudetto con la SS Lazio nel 1974,parteciparono ai Mondiali in Germania, per poi trasferirsi in America (Wilson solo per la stagione 1978, vincendo il Soccer Bowl). Attualmente coi "nuovi" Comos milita il brasiliano naturalizzato spagnolo Marcos Senna, che con le Furie Rosse ha giocato i Mondiali 2006 (e ha poi vinto gli Europei 2008) portando a 26 il numero totale di giocatori dei Cosmos ad aver giocato i mondiali. In cinque, il polacco Wladyslaw Zmuda (passato anche per Verona), i paraguayani Roberto Cabanas e Julio Cesar Romero, i canadesi Gerry Gray e Bruce Wilson, hanno indossato la maglia della propria Nazionale ai Campionati del Mondo in Messico nel 1986, due anni dopo la chiusura del club. Di seguito una lista di tutti i giocatori ex Cosmos che hanno rappresentato il proprio paese ai Mondiali (tra parentesi gli anni a NY): BELGIO (1)  Francois Van Der Elst, Belgium 1982 (1980-81) BRASILE (5)  Pelé, Brasile 1958, 1962, 1966, 1970 (1975-77) Jose Oscar Bernardi, Brasile 1978, 1982, 1986 (1980) Carlos Alberto Torres, Brasile 1970 - capìtano (1977-80, 1982) Rildo da Costa Menezes, Brasile 1966 (1977) Francisco Marinho, 1974 Brasile (1979) CANADA (2)  Bruce Wilson, 1986 (1980) Gerry Gray, 1986 (1983) CECOSLOVACCHIA (1)  Josef Jelinek, 1962 GERMANIA (1)  Franz Beckenbauer, Germania, 1966, 1970, 1974; CT 1990 (1977-80, 1983) IRAN (1)  Andranik Eskandarian, 1978 (1979-84) ISRAELE (2)  David Primo, 1970 (1975) Mordechai Shpiegler 1970 (1975) ITALIA (2)  Giorgio Chinaglia, 1974 (1976-83) Giuseppe “Pino” Wilson, 1974 (1978) OLANDA (2)  Johan Neeskens, 1974 e 1978 (1979-84) Wim Rijsbergen, 1974 e 1978, allenatore in seconda 2006 (1979-83) PERU' (1)  Ramon Mifflin, 1970, 1974 (1976-77) PARAGUAY (2)  Roberto Cabanas, 1986 (1980-84) Julio Cesar Romero, 1986 (1980-83) POLONIA (2)  Wladyslaw Zmuda, 1974, 1978, 1982, 1986 SPAGNA (1)  Marcos Senna, 2006 (2013-14) URUGUAY (1)  Omar Caetano, 1966, 1970 (1975) JUGOSLAVIA (2)  Vladislav Bogecevic, 1974 (1978-84) Ivan Buljan, 1974 (1981-82)  

History

La Coppa del Mondo 1994 era stata un successo sotto tutti i punti di vista. Dopo il mondiale del '94 altri giocatori avevano lasciato la madrepatria quali Claudio Reyna e Alexi Lalas, quest'ultimo approdato addirttura in Italia tra le file del neopromosso Padova. Bora Milutinovic e la macchina organizzativa americana avevano centrato i risultati prefissi, ma Milutinovic una volta terminato il contratto come suo solito fece le valigie in cerca di una nuova elettrizzante sfida impossibile, mentre la USSF peccò un'altra volta di scarsa esperienza e mancanza di vedute a lungo raggio promuovendo a coach della Nazionale a stelle e strisce Steve Sampson, secondo di Milutinovic dal 1993 e che prima di allora aveva ben poca esperienza alle spalle. Nel suo povero curriculum figuravano esperienze di allenatore presso la Mountain View High School, allenatore in seconda di Foothill College e UCLA, e prima di essere nominato assistant coach di Milutinovic allenava la squadra universitaria dell'Università  di Santa Clara, dove nel 1989 aveva vinto un campionato N.C.A.A., un po poco per poter allenare una nazionale per giunta con mire abbastanza ambiziose… Dopo i Mondiali la prima arriva allo Wembley Stadium il 7 settembre 1994, pcontro la decaduta Inghilterra che cerca di risalire la china sotto la guida del neo allenatore Terry Venables, e in cerca di rinvincita dopo la sconfitta dell'anno prima. Che arriva: 2-0 HIGHLIGHTS: Inghilterra vs. USA 2-0 L'EXPLOIT IN COPA AMERICA Nel giugno 1995 a Foxboro va in scena la US Cup '95, con debutto dell'organizzazione di supporters, chiamata Sam's Army, al seguito della nazionale Usa. Gli USA battono NIgeria (2-1), Messico (4-0) e pareggiano 0-0 con la Colombia, vincendo il torneo. Preparazione ideale per la Copa America, dove questa volta gli Usa partecipano con la prima squadra. L'esordio nella competizione avviene a Paysandu in Uruguay l'8 Luglio '95 e sorprendentemente gli Usa hanno ragione del Cile per 2-1 con doppietta di Eric Wynalda al 15' ed al 29'. La notizia fa il giro del mondo, ma le cose sembrano tornare alla normalità  quando sempre a Paysandu la Bolivia si impone di misura sugli Stati Uniti tre giorni dopo. Il prossimo avversario sono i temibili argentini, al tempo numero otto nella classifica FIFA, e si suppone che con certezza quasi matematica gli americani faranno le valigie, ma ancora una volta il mondo viene zittito di fronte al clamoroso risultato che vede gli Usa prevalere sull'Argentina per ben 3 reti a 0, con reti di Frank Klopas al 21', Alexi Lalas dieci minuti dopo, ed Eric Wynalda al 58'. Il 17 Luglio 1995 è il turno del Messico, e dopo una partita terminata 0-0 gli Usa avanzano ai calci di rigore per 4-1, avanzando così alle semifinali dove però nel piccolo stadio di Maldonado il Brasile, imminente vincitore del torneo, si impone di misura il 20 Luglio 1995. Due giorni dopo, sempre a Maldonado la Colombia sbaraglia gli Usa per 4-1 con goal della bandiera di Joe-Max Moore al 52'. Nonostante l'epigologo a coda di pesce gli Usa chiudono al quarto posto in Copa America, un altro importante passo per il soccer Usa anche in vista dell'imminente nascita della MLS. HIGHLIGHTS: Argentina vs. USA 0-3 BATTUTO IL BRASILE IN GOLD CUP Nel 1996 c'è la Gold Cup, ma il Brasile, ospite con la suia Under 23, mette fuori gli USA in semifinale. Ma intanto il 6 aprile 1996 nasce ufficialmente la MLS, per cui da questo momento la nazionale Usa non sarà  più trattata come un club come era invece successo per quasi un decennio e gli Usa avranno finalmente un campionato nazionale degno di tale nome, dodici anni dopo la fine della NASL, da molti considerato il punto di non ritorno. La qualificazione ai Mondiali viene ottenuta dagli americani senza troppi problemi, e in un'edizione della Gold Cup stranamente tenuta a febbraio, gli USa fanno la storia battendo a Los Angeles in semifinale il Brasile di Romario per 1-0. La storica rete ò di Preki (ex Everton, due volte MLS MVP) al 76', con tiro dai venticinque metri dopo aver scartato un difensore brasiliano, con eroe della serata il portiere Kasey Keller, un muro insuperabile per la Seleçao. La notizia fa il giro del mondo ma non c'è tempo per cullarsi sugli allori perchè cinque giorni dopo gli Stati Uniti devono affrontare in finale il Messico che fino a quel momento si è dimostrata la squadra migliore del torneo. In un Rose Bowl brulicante di 91255 spettatori il Messico, grazie ad una rete di Hernandez allo scadere del primo tempo vince la sua terza Gold Cup consecutiva con grande frustrazione degli americani. HIGHLIGHTS: USA vs. Brasile 1-0 I MONDIALI DI FRANCIA Nel percorso verso i Mondiali la novità  più importante è tra i convocati. Rimane infatti fuori dai 23 John Harkes, allora lo yank Abroad di maggior sucesso tra gli americani. Motivo ufficiale: “leadership issues”. Solo nel 2010 si viene a sapere che il CT Sampson decise la sua esclusione a causa di una relazione tra Harkes e la moglie del compagno di Nazionale Eric Wynalda. un caso simile a quello tra John Terry e Wayne Bridge 12 anni prima, solo che allora la scelta del CT fu netta. Altra sorpresa fu l'inclusione in dirittura d'arrivo pre convocazioni del terzino sinistro naturalizzato (di origine francese, della Martinica) David Regis , scoperto da Sampson durante la tournée del 1997, che però pur ben figurando, tolse il posto al veterano Marcelo Balboa e all'inizio la squadra lo visse come un corpo estraneo. Il 15 giugno 1998 a Parigi gli Usa esordiscono al Mondiale di Francia affrontando la Germania, che ha ragione degli americani per 2-0 con gol di Andreas Moeller e Jurgen Klinsmann. Sampson puntava su Claudio Reyna quale faro della squadra, ma i tedeschi furono bravi ad ingabbiarlo, e tutta la squadra soffrì molto l'esordio, dando sensazione di estrema debolezza. La sconfitta comunque era preventivata, visto il dislivello tra le due squadre, erestavano comunque da giocare le partite contro Iran e Jugoslavia, che nonostante fosse stata ridotta dalla guerra alla sola Serbia e Montenegro era ancora una nazionale di una certa caratura. HIGHLIGHTS: Germania vs. USA 2-0 Il 21 giugno la squadra Usa affronta gli iraniani in una partita alla quale è stata data una valenza più politica che non sportiva viste le crisi diplomatiche tra i due paesi dal 1979 in poi, e in Iran la propaganda degli ayatollah segue con grande attenzione il match contro quello che loro chiamano “il grande Satana”. L'atmosfera è calda e gli Usa devono assolutamente vincere se vogliono passare il turno, ma per la gioia degli ayatollah e la delusione degli americani l'Iran si impone sugli Usa per 2-1 con reti di Hamid Estili di testa al 40' e di Mehdi Mahdavikia all'84', con in mezzo ben 4 pali degli americani all'attacco alla disperata. Inutile infine la rete di Brian McBride all' 87' che rende meno pesante il passivo ma non toglie l'umiliazione di essere stati eliminati dalla Coppa del Mondo peraltro da un avversario calcisticamente parlando assai modesto. HIGHLIGHTS: USA vs. Iran 1-2 Il 25 giugno a Nantes, senza più nulla da chiedere gli Usa affrontano la Jugoslavia dalla quale vengono sconfitti di misura, 1-0, gol di Slobodan Komljenovic su punizione di Sinisa Mihajlovic. Nell'occasione – assai calda per il coinvolgimento americano nelle guerre balcaniche – gli USA mettono in campo la miglior prestazione del loro torneo, non abbastanza però. HIGHLIGHTS: Jugoslavia vs. USA 1-0 Si conclude mestamente l'era Sampson al quale resta comunque l'onore di aver portato gli Usa al quarto posto della Copa America, di aver battuto il Brasile e di aver qualificato gli Usa a Francia '98, e non è poco per un allenatore che fino a quel momento aveva allenato solo a livello di college, mostrando spesso però dei limiti nella gestione del team). Resta però l'amarezza per le varie Gold Cup sfiorate ma non vinte ed un Mondiale che forse poteva andare meglio. Ironia della sorte, il suo successore sarà  quel Bruce Arena al quale nel 1985 aveva soffiato il campionato NCAA.

History

E' una calda serata il 14 giugno 1990. La partita deve ancora iniziare ma il pubblico e già impegnato nell'allestimento della ola. Ci sarà da ondeggiare parecchio stasera, devono aver pensato, e allora meglio mettere a punto la coreografia. Ma l'Italia che scende in campio dà subito l'impressione di non voler riproporre i travolgimenti marosi con i quali aveva annegato l'Austria. Il CT Azeglio Vicini ha spiegato quale deve essere la rotta e quale la velocita: da crociera, perche l'importante è ridurre al niente la possibilità che la patacca siano i turistici calciatori americani a rifilarcela. Stiamo ai confini della realtà ma Vicini, si sa, guarda con sospetto anche la sua ombra e alle prime mosse gli yankee non sembrano quegli ectoplasmi che erano stati fotografati dalla Cecoslovacchia. Al 6' dopo una punizione, con schema, John Harkes impegna Walter Zenga. Gli azzurri si danno una sgrullata e un attimo dopo Nicola Berti, servito dal romanista Beppe Giannini (nella foto sopra inseguito da Marcelo Balboa) si fionda in area, ma il portiere Meola lo anticipa in scivolata. L'Italia è consapevole della sua superiorità e sembra snobbare un tantino i volenterosi ragazzi americani. Forse non è nemmeno snobbismo ma solo tranquilla attesa che la storia faccia il suo corso. E all'11' Il Principe decide che è giunto il momento. Azione Carnevale, Donadoni. Il milanista mette al centro per Gianluca Vialli che fa velo per Giannini e il principe strappa un gol bello per prepotenza e stile: salta tutti i «birilloni» della difesa Usa e poi con gran scioltezza e coordinazione fulmina il portiere Tony Meola. E adesso via con la goleada, chiede il pubblico dell'Olimpico. Macchè, gli azzurri riprendono il loro accademico tran-tran che non viene spezzato nemmeno da Berti che nelle intenzioni del cittì azzurro avrebbe dovuto guidare il nostro Settimo cavalleggeri all'assalto del debole Forte americano. Al 15' ci prova il milanista Roberto Donadoni con una vellutata punizione che spolvera la traversa, lo "zio" Beppe Bergomi regala sprazzi di partita facendo a capocciate con Michael Windischmann: lo scontro finisce in parità con un livido per parte. Gli azzurri tentano di andar via in eleganza e Andrea Carnevale con un passaggio da «atélleur» serve lo stilista della fascia sinistra del Milan e figlio d'arte, Paolo Maldini. Cross e Donadoni prova ad indossare i panni dell'incornatore ma il tiro e buono solo per far fare bella figura al portiere Meola. La goleada non arriva mentre piovono fischi sul gioco rinunciatario dell'Italia. Ad un certo punto gli azzurri vengono «assediati» nella loro meta campo dai perplessi americani, Donadoni con un'azione alla Bruno Conti rompe il fugace accerchiamento ma gli Usa non tremano più di tanto e l'onorevole sconfitta sembra alla loro portata. Ma all'improvviso si mette in moto la cavalleria. È il sauro Berti che va al galoppo dentro l'area, Paul Caligiuri lo azzoppa all'entrata e con l'aggiunta di uno spenzolare tuffo l'arbitro si convince a decretare il rigore. È il 33' quando con dinoccolata sufficienza Vialli si avvia a calciare il pallone del possibile raddoppio. Ma Vialli, invece, lascia e centra in pieno il palo alla destra di Meola. Boato di delusione che Vialli prova a spegnere dieci minuti dopo infilando elegantemente il numero uno americano, ma il messicano Codesal fischia il plateale fuorigioco. E sono sempre sibili quelli che accompagnano l'inizio della ripresa. Il pubblico si aspettava la goleada e si ritrovano a tifare un Italia sparagnina anche nel gioco. Vicini riprova, allora con il vìncente schema della partita d'esordio: entra Totò Schillaci ed esce Carnevale. Non sembra che le cose cambino di molto. Giannini e Donadoni fanno girare la testa agli americani con le loro serpentine ed i loro guizzi, ma i «plasmoniani» dilettanti mondiali la perdono del tutto. Anzi riescono pure a connettere qualche contropiede, quando l'Italia si fa troppo sfilacciata. Di nuovo fischi, interrotti solo da un «oh!» per un colpo d tacco di Maldini che scuote la rete, esterna. Dai fischi si passa ai singulti. Al 70' c'è una punizione dal limite degli Stati Uniti. Murray fa partire una randellata che rintrona Zenga. Sulla respinta si avventa Peter Vermes [attuale allenatore dello Sporting KC campione in carica MLS, Ndr], nuova staffilata e Zenga si salva con una botta di culo. Nessuna metafora, la palla gli passa in mezzo alle gambe e riesce provvidenzialmente a smorzarla con le natiche, poi Riccardo Ferri spazza via quasi sulla linea. Gli Azzurri provano a spazzar via la contestazione che monta. Ma non c'è niente da fare. A cinque minuti dalla fine Schillaci potrebbe rifare il verso a se stesso, azione quasi identica a quella del gol contro l'Austria. Cross di De Napoli, Schillaci salta ed incorna al centro dell'area ma la palla finisce nelle braccia di Meola. Niente abbracci ma soltanto urla per questa Nazionale che stavolta non finisce in gloria, e che terminerà la propria avventura nella sfortunata semifinale persa ai rigori contro l'Argentina di Diego Armando Maradona e Claudio Caniggia. HIGHLIGHTS: Italia vs. USA 1-0 (Giannini 11') Vicini: «Due più due quattro» Ct matematico. Il pallottoliere non è servito ma la qualificazione è ora sicura: «La staffetta Carnevale-Schillaci ? Nessuno si deve lamentare» Aveva ragione lei. Vicini. Partita per niente facile. Il pallottoliere non e servito e poi comunque gli Stati Uniti hanno giocato la loro partita. «Si, direi proprio che avevo ragione io. Comunque l'importante è che l'obiettivo è stato raggiunto: questa vittoria per 1 a 0 ci qualifica matematicamente, ora siamo più tranquilli. Dover aspettare l'ultima gara ci avrebbe dato notevoli fastidi. La partita ha subito preso una buona piega, poi il rigore sbagliato ci ha un po' frenati... Voglio dire che se lo segnamo forse le cose cambiano. Direi inoltre che anche stavolta ci è mancata un pizzico di fortuna in fase di conclusione. Ma la fortuna la troveremo in futuro...Per la verità, io m'auguro anche che in futuro non si sottovalutino più squadre come questa. Sì, avevo ragione io alla vigilia, quando dicevo che avremmo dovuto giocarla tutta fino in fondo, questa partita. Gli Stati Uniti avevano perso e male contro la Cecoslovacchia, ed era assolutamente ovvio che cercassero contro di noi un'occasione di riscatto. E' impensabile che nove giocatori di grande buona volontà, piena di forza e un altro paio che poi sanno anche giocare a pallone, si rassegnassero a fare brutte figure. Era assolutamente impossibile che questa accadesse. Le squadre materasso non ci sono proprio più, questo lo ha insegnato anche la fetta di mondiale che abbiamo visto finora». [...] E' sempre convinto che Berti sia il sostituto ideale di Ancelotti? Certe avanzate di Berti in attacco, hanno costretto Giannini ad arretrare. Questo è sembrato evidente soprattutto nel secondo tempo. «Berti ha spinto bene per tutti e novanta i minuti. Giannini, nella ripresa, s'e messo dietro, perchè era tutta la squadra che doveva tornare indietro per cercare di stanare gli Stati Uniti, per costringerli in qualche modo, a uscire dalla loro area. Berti e andato bene, non cerchiamo sempre di far sembrare indispensabili quelli che mancano». Il pubblico dell'Olimpico prima ha invocato Schillaci, poi ha chiesto l'ingresso di Baggio. Quindi, verso la fine, ha anche fischiato. «Ho sempre detto che giocare in casa questo mondiale ci dava più possibilità di vittoria ma nessun vantaggio. I fischi, alla fine, ci potevano anche stare. Ma il pubblico s'e fatto influenzare dal 5 a 1 con cui la Cecoslovacchia aveva battuto gli Stati Uniti. La verità è che poi, qui, gli Stati Uniti hanno fatto un'altra partita, più attenta, più accorta». [...] Vicini si alza e lascia il posto a Gansler, il ct statunitense. Uno che stasera s'e preso qualche soddisfazione: «Abbiamo potuto finalmente dimostrare la nostra reale forza. La partita contro la Cecoslovacchia ci la aiutato ad entrare nel clima del mondiale. Quei cinque gol sono stati un'esperienza utile, abbiamo imparato bene la lezione. L'Italia se ne e accorta». __________________________________________________ 14 giugno 1990 (21.00) Roma, Stadio Olimpico Italia vs USA 1:0 (1:0) Marcatori: ITA - Giannini 11' (al 20' Vialli ha sbagliato un rigore) Italia: Walter Zenga, Franco Baresi, Giuseppe Bergomi, Riccardo Ferri, Paolo Maldini, Nicola Berti, Fernando de Napoli, Giuseppe Giannini, Andrea Carnevale (Salvatore Schillaci 51'), Roberto Donadoni, Gianluca Vialli USA: Tony Meola, John Doyle, Jimmy Banks (John Stollmeyer 80'), Michael Windischmann, John Harkes, Tab Ramos, Peter Vermes, Desmond Armstrong, Bruce Murray (Christopher Sullivan 82'), Marcelo Balboa, Paul Caligiuri Arbitro: Edgardo Codesal Méndez (México) Ammoniti: Riccardo Ferri  69', Jimmy Banks 62' Spettatori: 73.000 VIDEO: Guarda l'intera partita   Fonte: Storie di Calcio

History

Quando Bora Milutinovic prese in mano le sorti della Nazionale USA la situazione non era allo sbando come molti potevano pensare. Il suo predecessore Bob Gansler, sebbene sollevato senza troppi complimenti, aveva comunque centrato l'obbiettivo storico della qualificazione ai Mondiali 40 anni dopo la storica apparizione della prima edizione del dopoguerra. Quello che mancava a Gansler, era l'esperienza internazionale necessaria per poter effettuare quel salto di qualità  che non era avvenuto durante la sua gestione, e con i mondiali Usa '94 alle porte la federazione aveva bisogno di un uomo che fosse in grado di portare la nazionale stelle e strisce dove nessuno aveva mai nemmeno immaginato. Probabilmente la scelta cadde su Milutinovic in quanto aveva già  allenato club e nazionali di tutto il mondo quasi sempre con ottimi risultati, ultima ma non ultima l'ottima performance sotto la sua gestione dell'esordiente Costarica, arrivata fino agli ottavi di finale durante l'edizione mondiale Italia '90, coronata con una storica vittoria per 1-0 sulla Scozia. A parte l'esperienza, Milutinovic aveva probabilmente una cosa che forse Gansler non aveva saputo trasmettere ai suoi ragazzi: la mentalità  vincente. Bora sapeva che gli Usa dovevano per forza ben figurare durante i mondiali da loro stessi organizzati, un insuccesso non sarebbe stato perdonato in alcun caso, anche perché avrebbe compromesso le sorti del soccer Usa per sempre. Partendo da questi presupposti Milutinovic chiese ed ottenne carta bianca, e considerando che negli Stati Uniti non esisteva ancora un campionato professionistico degno di tale nome e che i Mondiali sarebbero stati cruciali per la nascita di una nuova lega calcio professionista, con il plauso della federazione Usa trattò la nazionale come un club, così come era successo durante la precedente gestione. Ma quello che cambiò, a parte il numero delle partite giocate, fu anche il calibro degli avversari, questo sia per accrescere nel suo team l'esperienza internazionale delle giovani leve che lo componevano, sia per far capire loro la tecnica e la potenza delle squadre più titolate nel mondo calcistico, così da ottenere dai suoi uomini dedizione, umiltà  ed impegno, facendo loro comprendere che un pareggio col Canada ad esempio non era un qualcosa di cui gloriarsi. Diverso e più utile sarebbe stato con una potenza come il Brasile. Poco prima del suo arrivo, il coach ad interim John Kowalski aveva dovuto cimentarsi nella North American Cup, competizione antesignana della Gold Cup. Il suddetto torneo era in pratica un triangolare con Canada e il ben più titolato Messico. L'esordio della nazionale USA dopo l'era Gansler arrivò il 12 marzo del 1991 a Los Angeles contro il Messico, voglioso di rivincita contro l'odiato vicino dopo l'esclusione alle qualificazioni di Italia '90. La partita finì 2-2, risultato storico ed inaspettato per gli USA, di fronte a soli 5.261 spettatori. Le reti furono dell'esordiente Washington e del veterano Murray. Il seguente e conclusivo match della competizione si tenne a Torrance, sempre in California, di fronte a 4.000 persone contro la nazionale canadese, il risultato fu di 2-0 per gli USA, con reti ancora una volta di Washington e Murray e conseguente vittoria del trofeo, che dava una forte iniezione di ottimismo nell'ambiente calcistico Usa in vista anche della Gold Cup che si sarebbe tenuta nell'estate dello stesso anno in California, con generosi sponsor a quest'uopo mobilitatisi, e che da quel momento sarebbe stata organizzata in maniera costante ogni due anni con maggiorato interesse, vista anche la finale al Rose Bowl di Pasadena. Prima della Gold Cup però tre importanti e significative amichevoli vennero giocate contro nazionali titolate o comunque di una certa consistenza. La prima di esse, esordio assoluto di Milutinovic alla guida della nazionale Usa, si tenne il 5 maggio 1991 a Denver contro la storica nazionale Celeste, vale a dire l'Uruguay, che sebbene in decadenza da alcuni anni era pur sempre vincitore di due edizioni della Coppa del Mondo, 1930 e 1950, ed ai Mondiali del '90 era comunque arrivato agli ottavi di finale, eliminata dall'Italia. La sorte volle premiare i 35.772 spettatori accorsi al seguito della nazionale Usa con una clamorosa quanto inaspettata vittoria yankee per 1-0, con rete segnata al 26' dal veteranoPeter Vermes (oggi coach dei Kansas City wizards della MLS). L'ottimismo che con la fine dell'era Gansler si era volatilizzato, dopo i primi risultati positivi si era magicamente rimaterializzato. Questo grande afflusso di pubblico fece subito capire le potenzialità  del bacino americano, di quella base di appassionati che per ora vivacchiava grazie alle leghe semipro ed alle leghe indoor, ma allo stesso tempo fece anche capire che gli americani non si sarebbero accontentati di surrogati di soccer di terzo e quarto ordine e che per seguire il gioco più bello del mondo volevano dei vincenti. La seconda amichevole di preparazione fu tenuta sempre in California il 19 maggio, ma questa volta a Palo Alto, contro l'Argentina finalista ai Mondiali '90 visibilmente svecchiata nell'organico, con giocatori all'esordio quali Gabriel Batistuta ed altri. La partita terminò per 1-0 per gli argentini, ma gli USA ben figurarono di fronte ai 31.763 paganti accorsi ancora una volta al seguito. L'ultima delle tre amichevoli in programma si tenne invece a Foxboro, nelMassachussets dove, contro la Nazionale dell'Eire, che aveva esordito nella fase finale dei Mondiali '90 arrivando fino ai quarti di finale (anch'essa eliminata dall'Italia). Complice forse la forte componente di cittadini a discendenza irlandese nel Massachussets, i 51.723 presenti colorarono lo stadio in gran parte di verde. Il risultato fu di 1-1 con goal degli americani segnato da Eric Wynalda. Con queste ottime prestazioni ed un clima di generale ottimismo, gli Usa si avviavano a disputare la Gold Cup tra le mura amiche californiane, ma rimaneva il tempo per un'amichevole di lusso col AC Milan -in tournée tra Canada e Stati Uniti – al Soldier Field di  Chicago. Un 1-1 che soddisfa di certo più gli americani. Il goal del vantaggio milanista è segnato dall'olandese Marco Van Basten, mentre l'onore degli Usa è salvato pochi minuti dopo dall'uruguagio naturalizzato americano Hugo Perez. HIGHLIGHTS: USA vs. AC Milan 1-1 L'esordio degli Usa nella competizione fu il 29 giugno 1991 contro Trinidad & Tobago, rabbiosi per la mancata qualificazione ai mondiali del '90 di appena un anno prima, ma finì con una vittoria Usa, seguita da un 3-0 al Guatemala (Murray, Quinn e Wynalda) e un 3-2 al Costarica. Superata la prima fase la nazionale a stelle e strisce si trovò davanti i temibili messicani, mai battuti in una competizione ufficiale dal lontano 1934, quando un match preliminare per accedere ai mondiali fu vinto per 4-2 dagli Usa all'allora Stadio del PNF a Roma (oggi Flaminio -ndr-). Dopo ben 57 anni, il 5 luglio 1991 gli Usa si ripeterono contro il Messico davanti a 41.103 tifosi (in gran parte messicani) accorsi al Rose Bowl di Pasadena, accedendo alla finale con un rotondo 2-0 ad opera di John Doyle e Peter Vermes, in un' atmosfera di incredulità  generale. La finale venne giocata il 7 luglio 1991 sempre a Pasadena, contro la Nazionale dell'Honduras., con vittoria ai rigori e prima Gold Cup per gli Stati Uniti. Milutinovic aveva centrato il suo primo obiettivo. Con la conquista della Gold Cup gli Usa si erano scrollati di dosso quell'etichetta di perdenti e di eterni esordienti totali nel soccer, qualcosa era cambiato, un altro passo da gigante era stato compiuto. HIGHLIGHTS: USA vs. Messico 2-0 Molti giocatori che si erano messi bene in vista durante Mondiali 1990 e Gold Cup erano stati ingaggiati da club europei: Tab Ramos e Peter Vermes (Figueres, Spagna), John Harkes (Sheffield Wed., Inghilterra), Kasey Keller (Milwall, Inghilterra), Thomas Dooley (Kaiserslautern, Germania), Ernie Stewart (Tillburg, Olanda), Paul Caligiuri (Hansa Rostock, Germania Est, ma già  nel Meppen nella serie B tedesca dal 1987 al 1989) A questi veterani si aggiunse poi una nuova generazione di giocatori che dopo l'esordio della nazionale olimpica a Barcellona '92, si sarebbe presto integrata nei ranghi della nazionale di Milutinovic. Questi giovani atleti erano nell'ordine Brad Friedel, Mike Burns, Alexi Lalas, Claudio Reyna, Cobi Jones,Joe-Max Moore, Mike Lapper e Chris Henderson, che avevano già  esordito nella nazionale under 20 e che avrebbero avuto un forte impatto sia sui mondiali Usa '94 che sulla erigenda MLS pochi anni dopo. La vittoria in US Cup contro l'Italia. Nel 1992 ecco la Us Cup '92, un torneo organizzato dalla U.S.S.F., con finale contro l'Italia al Los Angeles Coliseum il 6 giugno '92. La stampa Usa come spesso è accaduto snobba l'avvenimento e prevede una goleada per la nazionale italiana. Contro tutti i pronostici gli Usa pareggiano 1-1 con goal di John Harkes a riportare il risultato in parità  dopo il vantaggio di Roberto Baggio dopo soli 2', e per differenza punti la coppa viene assegnata agli americani. Il tutto di fronte a 26.874 spettatori, un ottimo numero considerando che lo stesso giorno venivano giocate a Los Angeles e altrove partite importanti per il campionato NBA. HIGHLIGHTS: Italia vs. USA 1-1 Nel 1993 il comitato organizzatore Usa '94 stava cercando sponsor per la competizione a tambur battente, ed adattando gli stadi per il soccer, con la scelta delle città  di Foxboro(Boston), New York (Giants Stadium), Washington DC, Orlando, Palo Alto, Pasadena, Chicago, Dallas e Detroit (la prima partita giocata in una struttura indoor con manto erboso temporaneo). La ricerca degli sponsor e dei contratti televisivi andò a gonfie vele, con l'assegnazione dei diritti di trasmissione del mondiale alle reti ABC ed ESPN. La vendita dei biglietti andò anche essa ottimamente, l'ambiente calcistico americano era ansioso che la competizione cominciasse per dimostrare agli scettici che anche gli Usa erano capaci di organizzare un evento calcistico di tale portata. Per quel che riguarda la nascita di una lega professionista, la A.P.S.L., con il fallimento della Canadian Soccer League si era arricchita dei team Toronto Blizzard, Montreal Impact e Vancouver '86, e reclamava a gran voce lo status di serie A, in quanto era rimasta l'unica lega outdoor di una certa consistenza dopo il fallimento di A.S.L. e L.S.S.A. ma le ambizioni del commissioner Willam De La Pena vennero frenate dal gruppo di investitori capeggiato e caldeggiato da Alan Rothenberg, in più una terza cordata capeggiata dall'italo-americano Jim Paglia si era messa in moto, spalleggiata da un gruppo di costruttori che si prefiggevano di costruire nuovi stadi con grandi centri commerciali annessi. Alla fine, ubi maior minor cessat, e il gruppo di Alan Rothenberg, spalleggiato dai più influenti e abbienti sponsor vinse la gara d'appalto per creare una nuova lega calcistica che avrebbe preso il posto della N.A.S.L., lasciato vacante dal 1984. La Major League Soccer nasce ufficialmente nel dicembre 1993. La nazionale Usa, in vista degli imminenti mondiali, giocò ben 34 partite, come fosse una squadra di club, con un ritmo quasi frenetico, comprendendo match di mera esibizione con tornei non ufficiali e tornei ufficialmente riconosciuti come la Gold Cup , e per la prima volta nella storia degli Usa, la Copa America. L'anno dopo arriva dopo 43 anni una clamorosa vittoria contro una malandata Inghilterra (che non centrerà  la qualificazione ad Usa '94) per 2-0, con reti Thomas Dooley e Alexi Lalas, davanti ai fortunati ed increduli 37.652 di Foxboro che possono ancora dire "Io c'ero!".  Intanto la soccer fever avanzava nel paese e gli ottimi risultati al botteghino ne davano conferma, e la bella figura in Copa America migliorò ancora l'ambiente, nonostante sia seguita da un umiliante 4-0 dal Messico in finale di Gold Cup.  HIGHLIGHTS: Messico vs. USA 4-0 TRA I MONDIALI E LA NASCITA DELLA MLS Arriva cosi il 1994, l'anno dell'ora o mai più per il soccer Usa. I preparativi per la Coppa del Mondo volgevano al termine in un'atmosfera di febbrile attesa, ed il gran risultato che grazie a tutta la pubblicità  riguardo l'imminente Mondiale l'opinione pubblica cominciò ad interessarsi del soccer, mentre la neonata MLS stava cominciando a muovere i primi passi e nel gennaio del '94 si aprirono le selezioni dei nuovi investitori, rappresentanti ben 29 differenti comunità  che dopo l'ecatombe della NASL di dieci anni prima volevano investire ancora una volta nel gioco più bello del mondo. I requisiti per concorrere erano un piano minimo di investimento, un deposito per la vendita dei biglietti, costruzione o acquisizione di centri sportivi dove le squadre potessero allenarsi, e le garanzie per l'affitto di uno stadio. Nike e Reebok furono scelte come sponsor e fornitori ufficiali per le uniformi, Adidas venne scelta per le scarpe e Mitre per la fornitura dei palloni. Il 24 marzo la MLS firmò un contratto con ABC ed ESPN/ESPN 2 per la trasmissione di almeno 32 partite. Ben 22 città  avevano fatto richiesta di poter avere una franchigia nella MLS, anche se dopo una attenta scrematura onde evitare gli errori della NASL anche in fatto di investitori poco seri che spesso dopo un anno o due lasciavano, i club annunciati nel '94 furono sette, con altre tre squadre che sarebbero state svelate una volta visti i piani di investimento. Le città  scelte furono nell'ordine: Washington (DC), Boston, Columbus, Los Angeles, New Jersey, New York (poi ritirata),e San Jose. Onde procacciare maggiori sponsorizzazioni, per rendere finanziariamente più stabile la neonata lega Alan Rothenberg decise, e non senza contestazioni, che la MLS avrebbe debuttato nel 1996 invece che nel 1995, nonostante il rischio di veder evaporare quella soccer fever che stava pervadendo il paese. La APSL guadagnò lo status di seconda divisione mentre la USISL si espanse a tal punto di dividere la lega in due divisioni, quella professionista e quella amatoriale. La preparazione della nazionale Usa al mondiale consistette in 19 amichevoli giocate per la maggior parte dei casi contro squadre qualificatesi al Mondiale, il conto alla rovescia era incominciato e gli Usa dovevano a tutti i costi ben figurare nel torneo. Finalmente però arriva il 18 giugno. A Pontiac Silverdome, nel Michigan, gli Usa esordiscono contro la Svizzera nella prima partita di una Coppa del Mondo giocata in un impianto indoor. Dopo un iniziale svantaggio gli americani portano il risultato in parità  alla fine del primo tempo con rete di Wynalda davanti a 73.000 spettatori a sostegno della nazionale di casa. Il risultato finale sarà  di 1-1, contro una Svizzera che annoverava nei propri ranghi giocatori come Ciriaco Sforza (poi finito all'Inter), Alan Sutter e Stephane Chapuisat. HIGHLIGHTS: USA vs. Svizzera 1-1 Il 22 giugno gli Usa sono di scena a Los Angeles, al Rose Bowl di Pasadena, contro la più titolata, almeno sulla carta, Colombia, con giocatori del calibro di Carlos Valderrama, Fredy Rincon e Tino Asprilla. 93000 spettatori sono al sostengo degli yankees e tutti insieme si alzano in piedi cantando a gran voce "Star Spangled Banner" quando l'orchestra intona gli inni prima di cominciare la partita. Il vantaggio Usa viene siglato da una clamorosa autorete di Escobar (che verrà  ucciso poco tempo dopo dalla malavita colombiana per questa ragione), al 34' minuto. Il raddoppio viene siglato nel secondo tempo da Ernie Stewart (52'), con l'inutile rete dei colombiani di Valencia ad accorciare le distanze. Gli Usa si sono qualificati, per la prima volta dopo il 1930, alla seconda fase di una Coppa del Mondo. HIGHLIGHTS: Colombia vs. USA 0-1 L'entusiasmo è alle stelle, anche se la partita conclusiva del girone, disputatasi ancora una volta al Rose Bowl, termina con una sconfitta di misura contro la Romania, grazie ad un gol del poi genoano Dan Petrescu su assist di Florin Raducioiu. Avendo però la Romania conquistato la testa del girone, agli Usa tocca andare a San Francisco ad affrontare il Brasile, futuro campione del Mondo. HIGHLIGHTS: USA vs. Romania 1-0 Contro quella squadra di stelle che annoverava fuoriclasse del calibro di Taffarel, Cafù, Aldair, Leonardo, Zinho, Dunga, Mauro Silva, Bebeto e Romario gli Stati Uniti resistettero eroicamente, giocando di rimessa e riuscendo qualche volta a presentarsi di fronte alla porta dei verdeoro. Le illusioni Usa di un passaggio di turno vengono spente da un diagonale secco di Bebeto al 73'. Sebbene gli Usa non potessero di certo pensare vincere la Coppa del Mondo, le alte sfere del calcio così come gli appassionati americani e non avevano capito che gli Stati Uniti non erano più una Cenerentola e che d'ora in avanti dovevano essere presi sul serio. HIGHLIGHTS: Brasile vs. USA 1-0 Ancora una volta lo zingaro Milutinovic aveva recitato la sua parte di Re Mida, prendendo in mano una squadra di ragazzi provenienti dai college e dalle leghe indoor e semipro come la APSL, e con costanza e duro lavoro aveva fatto si che questi ragazzi raggiungessero gli ottavi di finale di una Coppa del Mondo, peraltro perdendo contro quel Brasile che avrebbe conquistato la coppa per la prima volta dopo il 1970, ancora una volta contro l'Italia. Un altro passo da gigante era stato compiuto, un'altra era si era però conclusa. Milutinovic aveva concluso il suo lavoro e come da copione sarebbe emigrato altrove in cerca di un'altra nazionale da allenare in vista della Coppa del Mondo Francia '98 (avrebbe allenato il Messico nel '98 e la Cina nel 2002) lasciando così il posto al suo assistente Steve Sampson in vista delle sfide future (in primis la Copa America) e dell'imminente nascita della MLS.

History

La notizia che fece scalpore nel mondo del calcio arrivò ufficialmente il 4 luglio del 1988: per la prima volta nella storia gli Stati Uniti avrebbero ospitato la fase finale della Coppa del Mondo, e questo sarebbe avvenuto nei mondiali successivi a quelli italiani, vale a dire nel 1994. Le perplessità  furono molte, e molti puristi del calcio storsero il naso. Persino Giorgio Chinaglia, ex stella dei NY Cosmos espresse parere negativo sulla riuscita dell'evento in terra americana, dimenticando come molti che gli USA avevano organizzato le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, con folle al seguito della nazionale statunitense, rispettivamente di 78.265 persone a Pasadena durante la partita contro il Costarica, 63.624 contro l'Italia sempre a Pasadena, e 54.973 a Palo Alto nella partita conclusiva del girone per gli States contro l'Egitto. Oltre l'ottimo seguito che la Nazionale aveva avuto durante i giochi Olimpici, altro fiore all'occhiello era stata l'ineccepibile organizzazione del Comitato Olimpico diretto da Alan Rothenberg, un nome che avrebbe avuto capitale importanza nell'organizzazione di USA '94 e nella nascita della MLS. Le critiche e gli scetticismi almeno dal punto di vista organizzativo vennero accantonati non appena il comitato di ispezione della F.I.F.A, effettuò i dovuti sopralluoghi, rimanendo impressionato dalla qualità  e dalla quantità  delle infrastrutture presenti e dalla grandezza e adattabilità  degli stadi per il calcio, alcuni dei quali erano comunque già  stati usati e con successo per le Olimpiadi del 1984 a Los Angeles. Ma se la perplessità  dal punto di vista organizzativo era stata debellata, rimaneva quella forse più importante che era se gli USA avrebbero o meno potuto ben figurare nel torneo, visto che dopo il crollo della NASL non vi era più stata una lega calcio di una certa rilevanza. In assenza di un campionato calcistico professionistico nazionale, il gioco del calcio continuava a venire praticato sia nei college, sia nelle leghe indoor come la MISL , la AISA e la SISL, ma anche nelle leghe outdoor semipro che erano fiorite, non senza difficoltà  nei vari angoli del paese come la ASL che annoverava nei propri ranghi franchigie storiche come Fort Lauderdale Strikers, Washington Diplomats e Tampa Bay Rowdies, la WSA lega minore rispetto alla ASL che annoverava però tra le proprie squadre i San Jose Earthquakes, e la texana LSSA con appena 5 squadre ed un calendario di sole 8 partite. Per quel che riguarda la nazionale USA di allora, dopo l'ennesimo fallimento della qualificazione ai Mondiali del 1986, l'organico era stato svecchiato con l'iniezione di linfa nuova tramite nomi che negli anni a venire avrebbero significato molto per la rinascita del soccer americano. A parte il già  noto Chico Borja (ex Cosmos e presente già  dai tempi dello sfortunato Team America del 1983), la formazione includeva giovani di belle speranze quali Steve Trittschuh, il portiere David Vanole, recentemente scomparso, che sarebbe stato poi accantonato per l'italo-americano Tony Meola, Paul Caligiuri, John Harkes (che avrebbe giocato poi nello Sheffield Wednesday vincendo anche un F.A. Cup), Brian Bliss, Eric Eichmann, Desmond Armstrong, Frank Klopas e Bruce Murray. Con l'assenza di un campionato professionistico nazionale, questi ragazzi erano pescati tra college, leghe indoor e leghe semiprofessionali outdoor. Si cercava il più possibile di unire i talenti dei vari campionati per far ben figurare la Nazionale stelle e strisce centrando gli obbiettivi delle olimpiadi di Seul e la tanto agognata qualificazione alla fase finale di Italia '90, anche perché un ulteriore fallimento avrebbe irrimediabilmente compromesso la riuscita dell'edizione successiva del 1994 assegnata di fresco agli USA. A quest'uopo, laUSSF cercò ancora una volta di trattare la Nazionale come un club, stabilendo un programma atto a garantire i giocatori della Nazionale di avere pressioni da parte dei club e potendoli avere sempre disponibili per le convocazioni. Per poter rendere il progetto operativo, la federazione propose ai nazionali americani di ricevere salari regolari direttamente dalla Nazionale, cosicché avrebbero avuto la possibilità  di giocare regolarmente con una tabella di marcia meglio organizzata. La maggior parte di loro accettò, dando così credibilità  al piano di sviluppo ideato dalla federazione. Per la cronaca gli USA si qualificarono abbastanza agevolmente per le Olimpiadi di Seul, terminando il ruolino di marcia con una travolgente vittoria sulla nazionale di El Salvador per 4-1 a Indianapolis, dopodiché tra il 1 giugno ed il 12 giugno del 1988, vennero organizzate ben 6 amichevoli, 3 a testa con Cile ed Equador. La triplice sfida col Cile terminò 1-1, 1-3 e 0-3, mentre quella con l'Equador finì invece 0-1, 0-2 e 0-0. Questi insuccessi erano da attribuirsi al fatto che la quasi totalità  della rosa della Nazionale era a digiuno o quasi di esperienze internazionali, e queste partite, indipendentemente dal risultato erano comunque molto utili sia per completare l'affiatamento tra le varie individualità  della Nazionale, alcune delle quali a digiuno addirittura di calcio outdoor (venendo dalle leghe indoor dove le regole sono comunque diverse) sia per prepararsi psicologicamente in vista delle sfide che si prospettavano all'orizzonte. HIGHLIGHTS: USA vs. El Salvador 4-1 Questa politica fu premiata, e dopo 1-0 contro il Costarica il 14 giugno 1988 la Nazionale USA perse onorevolmente, il 19 giugno 1988 – stavolta per 3-2 – contro la ancora poco tecnica ma fisicamente temibile Nigeria, in un'amichevole organizzata in Corea del Sud, dove si sarebbero presto tenute le Olimpiadi. I progressi sul campo, sebbene ancora non seguiti dai risultati erano evidenti di partita in partita, e dopo un'ulteriore amichevole giocata a New Britain e persa 2-0 contro la Polonia, il cammino verso Italia '90 cominciò, facilitato peraltro dal fatto che il Messico era stato squalificato per aver schierato giocatori fuoriquota in un torneo giovanile, il 24 luglio del 1988 a Kingston in Giamaica, con il risultato di 0-0. Nel match di ritorno disputatosi il 13 agosto 1988 la vittoria arrise agli americani con il sonoro risultato di 5-1 a St. Louis, con doppietta di Klopas, Bliss, Krumpe e l'uruguagio naturalizzato americano Hugo Perez. HIGHLIGHTS: USA vs. Giamaica 5-1 La strada per l'Italia cominciava nel migliore dei modi. Ciononostante non c'era tempo per rilassarsi e riposare sugli allori di tale vittoria, perché un mese dopo gli USA si ritrovarono già  in Corea, a Taegu per disputare la prima partita del girone contro l'Argentina, terminata 1-1. I risultati cominciarono finalmente a vedersi. La partita seguente, questa vota giocata a Pusan, vide gli USA pareggiare ancora una volta contro la squadra ospitante, questa volta per 0-0. L'epilogo della spedizione sudcoreana si concluse con una sconfitta per 4-2 contro l'URSS, gol di Brent Goulet e John Doyle a salvare l'onore contro il nemico di sempre, ma di certo non si poteva sperare di meglio contro quella che al tempo era una delle potenze del calcio mondiale subito dopo le titolate Germania, Italia, Argentina, Brasile ed Inghilterra. Qualsiasi bilancio si voglia tracciare dell'annata 1988, resta comunque il positivo dato di fatto che dopo anni, forse decenni di torpore, la Nazionale USA aveva cominciato un tortuoso ma allo stesso tempo virtuoso cammino che l'avrebbe portata, dopo 40 anni, al ritorno sulle scene mondiali. Il 1989 invece non cominciò bene per gli USA. Sconfitti in Costa Rica per 1-0 il 16 aprile, ma fortunatamente la partita di ritorno arrise agli yankees per 1-0 sul campo di St Louis, con goal di Tab Ramos, un altro di quelli che negli anni a venire farà  parlare molto di sé. Il 13 maggio del 1989 gli USA vengono fermati in casa a Torrance in California sul punteggio di 1-1 dalla nazionale di Trinidad & Tobago, che si conferma da subito uno degli avversari più ostici del girone di qualificazione CONCACAF. Il 4 giugno un'amichevole giocata a New York contro il Perù viene vinta dagli USA per 3-0, con gol di Murray, Tab Ramos e Brian Bliss. L'entusiasmo sale nel team a stelle e strisce e sulle ali della vittoria contro i peruviani, la nazionale americana vince -il 17 giugno 1989- un importante match di qualificazione contro il Guatemala per 2-1, reti di Murray ed Eichmann. HIGHLIGHTS: USA vs Costarica 1-0 I facili entusiasmi vengono però freddati dalla doppia sconfitta casalinga contro la Colombia per 1-0 appena una settimana dopo e contro la Corea del Sud per 2-1 con rete della bandiera di John Harkes il 13 Agosto 1989 a Los Angeles gli americani però fanno sul serio e durante la ripresa delle partite di qualificazione stendono El Salvador con rete di Perez il 17 Settembre e pareggiano 0-0 in trasferta contro il Guatemala l'8 ottobre, ma le cose sembrano essersi fatte difficili, in quanto il Costarica è già  qualificato essendosi saldamente aggiudicato la prima posizione, mentre il secondo posto è occupato da Trinidad & Tobago, ai quali, mancando una sola partita basterebbe un pareggio per staccare il biglietto per Roma, ma gli yankees non si perdono d'animo, e dopo una deludente vittoria dal punto di vista del gioco contro le Bermude per 2-1 (Eichmann e Doyle) il 19 novembre 1989 gli Stati Uniti battono a Port of Spain la nazionale di Trinidad & Tobago con goal (in probabile fuorigioco) di Paul Caligiuri centrando così la fase finale di un Mondiale di calcio esattamente 40 anni dopo l'ultima apparizione a Belo Horizonte nel 1950, posticipando invece l'esordio in coppa del mondo dei centroamericani di 16 anni. Alcune voci indiscrete dicono che il giorno prima della partita sia arrivata una telefonata all'arbitro internazionale Pier Luigi Pairetto con chiare pressioni per la vittoria degli USA, ma non essendoci prove concrete a riguardo questa voce non può che rimanere appunto una voce, sta di fatto che il 19 novembre del 1989 si sentì ancora una volta "the shot to be heard around the world", che anche se meno eclatante della vittoria sull'Inghilterra ai Mondiali del 1950, fu comunque una data epica e forse più importante per la rinascita del gioco più bello del mondo nella terra dove tutto è possibile e tutti, soccer compreso, hanno almeno un'opportunità . VIDEO: Il ricordo di Paul Caligiuri e dei suoi compagni del gol che riportò gli USA ai Mondiali Il 1990 non cominciò invece bene per i ragazzi di Bob Gansler, con una sconfitta in amichevole contro la nazionale del Costarica per 2-0 di fronte al pubblico di Miami il 2 Febbraio, seguita da un pareggio contro la Colombia appena due giorni dopo per 1-1 con rete di Eric Wynalda, un altro di quelli ancora ignari di fare la storia del calcio in Usa di lì a pochi anni. Segue un'altra amichevole inutile sotto tutti i profili contro le Isole Bermuda per 1-0, peraltro giocata malissimo con goal di Sullivan, questo a dimostrazione della poca esperienza internazionale dello staff della U.S.S.F. di allora, tali amichevoli non servono alla preparazione di un mondiale specie quando dovrai affrontare l'Italia e la Cecoslovacchia, sebbene anche recentemente siano stati compiuti errori simili prima di Germania 2006. Il 24 febbraio 1990 gli USA ospitano a Palo Alto l'URSS, davanti a 61.000 persone, la partita finsce 3-1 per i sovietici, con goal della bandiera di Harkes, ma da questa partita emergono tutte le carenze tecniche della formazione a stelle e strisce, che a parte il goal maturato su circostanze fortunose non è stata capace quasi mai di superare la metà  campo subendo per quasi tutti i 90 minuti il gioco sovietico. Certo è comprensibile che una formazione di giovani alcuni addirittura provenienti dai college non possa vincere contro una squadra solida ed impostata che gioca a memoria come l'URSS di Valery Lobanosky, ma per qualche ragione ci si aspettava comunque di più, specie davanti a quella moltitudine di gente che non si sarebbe vista per lungo tempo ad una partita di calcio. HIGHLIGHTS: USA vs URSS 1-3 Il programma di amichevoli va avanti con una vittoria sulla Finlandia per 2-1 con reti di Murray e Caligiuri a Tampa davanti a 22.000 persone, non male per un avversario così modesto, ma le due seguenti trasferte in Europa, in Ungheria e l'appena liberata Germania Est, si concludono entrambi con una sconfitta. Il 20 marzo la nazionale americana perde infatti per 2-0 a Budapest apparendo impacciata e lenta nella manovra, e 3-2 a Berlino in uno stadio praticamente vuoto (appena 4.000 persone) complice anche una papera del portiere Meola. L'8 aprile viene disputata un'altra amichevole totalmente insignificante contro l'Islanda a Fenton, vinta per 4-1 dagli USA davanti a soli 3.287 spettatori, per la cronaca i goal sono di Wynalda (doppietta), Murray e Trittschuh, mentre il 22 aprile gli USA cadono ancora a Miami contro la Colombia per 1-0 davanti a 8.214 paganti. Il clima di ottimismo che si era creato intorno alla Nazionale USA era rapidamente evaporato, comprensibile visto che gli americani non amano i perdenti, ma all'occhio di uno sportivo tutto questo era normale per le suddette ragioni. Comunque le amichevoli andavano avanti e il 5 maggio gli Usa giocano e vincono contro l'insignificante nazionale maltese per 1-0 a Piscataway in New Jersey, la marcatura è ancora una volta di Eric Wynalda. Sempre nel mese di maggio, il mese prima della preparazione dei mondiali, vengono disputate altre due partite, il 9 maggio contro la Polonia, vinta per 3-1 grazie alle segnature di Murray, Vermes e Sullivan, le altre due amichevoli si svolsero in Europa dove gli USA batterono nell'ordine il Liechtenstein per 4-1 e la Svizzera a San Gallo per 2-1,il 2 giugno, forse l'unica partita di qualche significato delle ultime quattro. ECCO I MONDIALI: ITALIA '90 HIGHLIGHTS: L'inno nazionale USA alla prima di Italia '90 Con questo bilancio sostanzialmente negativo gli USA arrivarono in Italia il 10 giugno a Firenze per esordire nel peggiore dei modi. La Nazionale cecoslovacca, sebbene gli USA avessero fatto intravedere qualche spazio di buona manovra, travolse gli Stati Uniti per ben 5 reti a 1, con unica marcatura di Caligiuri. Questo pesante passivo avrebbe potuto essere evitato se Bob Gansler non avesse schierato, contro una Cecoslovacchia che tra gli altri giocatori di valore annoverava Thomas Skuravy, una difesa con tre giocatori in linea. Queste ingenuità  durante una partita di Coppa del mondo sono semplicemente inammissibili, sebbene nessuno si aspettasse che gli USA ben figurassero nella competizione. HIGHLIGHTS: Cecoslovacchia vs. USA 5-1 La partita successiva fu contro l'Italia a Roma, dove stavolta una più saggia disposizione degli uomini da parte di Gansler, limitò il passivo ad una sconfitta di misura per 1-0 quando il mondo si aspettava una goleada da parte degli azzurri e gli Usa ebbero pure una buona occasione per pareggiare. HIGHLIGHTS: Italia vs. USA 1-0 Con la squadra eliminata inesorabilmente dal torneo, nel quartier generale della USSF restava la speranza di una chiusura col botto con eventuale vittoria contro la deludente Austria, mentre il match conclusivo del girone terminò con una vittoria dell'Austria per 2-1, con gli Usa deludenti ancora una volta dal punto di vista del gioco. L'unica nota positiva per gli USA fu il goal di Murray. HIGHLIGHTS: USA vs. Austria 1-2 La campagna d'Italia era durata per la Nazionale statunitense appena 9 giorni, con un magro bilancio di tre sconfitte, 8 goal incassati ed appena 2 segnati, ma fu la prima di 5 partecipazioni future alla coppa del mondo, cosa seconda solo al terzo posto ottenuto nel 1930 e la storica vittoria contro l'Inghilterra del 1950, finalmente il mondo del calcio si accorse dell'esistenza degli Stati Uniti. Realisticamente non si poteva di certo sperare in un exploit di una nazionale composta, ad esclusione di due giocatori (Peter Vermes nel Volendam in Olanda e Stollmeier nel Raba Eto in Ungheria) di ragazzi senza una vera esperienza né professionistica né tantomeno internazionale, visto che anche questa volta per poter compattare il gruppo si era dovuto ricorrere allo stratagemma di trattare la nazionale come se fosse un club, con giocatori assunti sotto contratto prima a part time poi full time direttamente dalla nazionale, ma questa volta rispetto al Team America, le cose andarono molto meglio nonostante non esistesse più la NASL. Nel frattempo però sul fronte interno le notizie per Bob Gansler non erano buone, le povere prestazioni della nazionale durante le amichevoli pre-mondiali (salvo eccezioni) ed al mondiale stesso avevano fatto si che la U.S.S.F. avesse perso fiducia in lui e stesse cercando di sostituirlo prima della scadenza naturale del contratto a fine 1991. Le prime richieste furono inoltrate al CT campione del mondo con la Germania Franz Beckenbauer, al rifiuto del quale l'offerta fu inoltrata a Giovanni Trapattoni, ma anche egli declinò. Dal canto suo Gansler, vedendo il suo posto di lavoro in pericolo cercò di risalire la china disputando altre partite, ma purtroppo per lui le cose non andarono come egli invece sperava. Il 28 luglio, appena 20 giorni dopo la conclusione dei Mondiali gli USA persero per 2-1 a Milwakee contro la modesta Germania Est ancora una volta, con goal di Eck a salvare l'onore all'89'. Il 15 settembre invece gli USA vincono a Charlotte contro Trinidad & Tobago per 3-0, marcatori Vermes, Murray ed Eichman. In entrambe le occasioni il pubblico è di poco sopra le 10.000 unità . Le ultime quattro partite dell'anno verranno disputate in terra straniera. Il 10 ottobre la vittoria viene conquistata dagli USA sul campo della Polonia per 3-2 a Varsavia: artefici del risultato Murray e Vermes, quest'ultimo con una doppietta. Il mese di novembre vede invece i ragazzi di Bob Ganlser impegnati in due amichevoli a Port of Spain, capitale di Trinidad & Tobago. La Nazionale statunitense pareggia 0-0 sia con i padroni di casa che con l'Urss. L'anno si chiude per gli yankees con una sconfitta di misura in Portogallo il 19 dicembre 1990 ad Oporto, davanti ad appena 1.500 spettatori. Il bilancio totale del 1990 sarà  alla fine di 8 partite vinte, 3 pareggiate ed 11 perse. L'era Gansler volgeva al termine, ma non era ancora finita. Oramai sfiduciato dalla Federazione e dall'opinione pubblica che lo considerava un perdente nonostante avesse condotto gli USA ad una fase finale dopo 40 anni, la sua esperienza si conclude nel febbraio del 1991 con la cocente sconfitta ad opera di Bermuda per 1-0 il 21 febbraio. Dopo questa  (seguita alla precedente a Miami contro la Svizzera il 2 febbraio) la USSF lo rimuove ufficialmente dall'incarico e nomina a tempo record un nuovo selezionatore, uno slavo con esperienze internazionali sulle panchine di Messico, Costa Rica (presi in mano poco tempo prima dei mondiali di Italia '90 e portati agli ottavi ) ed una sfortunata presenza nella serie B italiana con l'Udinese: il suo nome è Bora Milutinovic.

History

Gli Stati Uniti shockarono il mondo con la loro vittoria sui "Maestri inglesi" nel 1950. Ma allora nessuno pensava probabilmente che quella in Brasile sarebbe stata l'ultima partecipazione ai Mondiali per 40 anni. Ma cos'è successo nel periodo più oscuro del soccer? 1954: Niente qualificazione causa doppia sconfitta 4-0 e 3-1 col Messico. 1958: Gli USA perdono 6-0 col Messico, mentre al ritorno in casa ne prendono addirittura 7 (a 2), E, incredibilmente, quando ancora una speranza di qualificazione era ancora viva, la federazione invece di convocare i migliori per il doppio confronto col Canada preferisce far scendere in campo come "Nazionale" i vincitori della US Open Cup e della National Amateur Cup, i St. Louis Kutis, sconfitti 5-1 e 3-2. 1962: Bellissima rimonta da 0-3 a 3-3 all'andata al Wrigley Field di Los Angeles contro il Messico, ma al ritorno non c'è nulla da fare, ed è di nuovo 0-3, stavolta senza rimonta. 1966: Prima di affrontare gli USA, il Messico avva già  superato l'Honduras due volte. Nel doppio confront USA vs. Messico invece 2-2 all'andata al Memorial Coliseum e 2-0 per ElTri al ritorno. Inutili quindi i due match in Honduras per gli USA, vinto 1-0 il primo e pari 1-1 il secondo, con gli USA costretti in Honduras a trovarsi da soli I mezzi di trasporto dall'aeroporto all'hotel e a giocare in uno stadio senza spogliatoi. 1970: Con il Messico paese ospite gli USA si ritrovano finalmente senza la propria nemesi per la prima volta dal 1934. E sembra la volta buona per qualificarsi. Ma ecco subito una sconfitta per 4-2 in Canada cui segue un 1-0 casalingo. Arrivano un 6-2 e un 2-0 su Bermuda, ma poi arriva una perdita noitevole. Lascia infatti il CT gallese Phil Woosnam, che diventa direttore della NASL. Ai playoff con però arriva una sconfitta per 2-0 ad Haiti (inutile l'1-0 al ritorno) e addio qualificazione. Dall'altra parte invece si affrontano El Salvador e Honduras, scontro che darà  vita alla prima "Guerra calcistica" della storia. 1974: Sconfitta 3-2 in Canada e pari 2-2 al ritorno, cui si aggiunge una doppia sconfitta col Messico 3-1 fuori e 2-1 in casa. E addio Germania. 1978: Le qualificazioni si giocano negli anni in cui la NASL raggiunge l'apice della popolarità , ma lo spazio per I giocatori americani è minimo, e I risultati si vedono. Gli USA iniziano con un 1-1 fuori casa col Canada, seguito da un 0-0 casalingo col Messico, che al ritorno vince di nuovo per 3-0, ma almeno gli americani superano il Canada.. La CONCACAF stavolta qualifica due Nazionali, ma lo spreggio col Canada sul neutro di Haiti vede gli americani uscire sconfitti 3-0. 1982: Ultimo Mondiale con la NASL ancora "viva". Gli USA possono qualificarsi anche arrivando secondi. Ma le sconfitte col Messico e in Canada sono fatali, anche se a fine campagna arriva la prima vittoria con El Tri dal 1934. 1986: Mondiali di nuovo in Messico a causa della rinuncia della Colombia, e quindi spazio agli USA, che però non ne sanno approfittare. Cosa che invece fa il Canada, grazie alla sua miglior generazione di calciatori cresciuta negli anni della NASL (tra cui i vari ex NY Cosmos Bruce Wilson e Bob Iarusci, o l'attuale VP dei Vancouver Whitecaps Bob Lenarduzzi). Gli USA arrivano ad un passo dalla qualificazione, gettata alle ortiche però da una sconfitta per 1-0 col Costarica. Una delle ragioni principali dei pessimi risultati degli USA nelle qualificazioni Mondiali era dovuta a quella che oggi si chiama (dal 1974) US Soccer Federation, nata nel 1913 come United States of America Foot Ball Association (poi dal 1945 United States Soccer Football Association). Per buona parte della sua storia la Federazione è stata l'anello più debole del movimento, priva di mezzi, strutture e volontà  persino per imporre le regole della FIFA. Basti pensare che per anni la USSF è stata ospite a NY della società  tessile Tuttle Brothers. La mancanza di soldi voleva dire anche scarse possibilità  di allenamento per le Nazionali in vista di appuntamenti internazionali. Una visione miope che ha rallentato, se non impedito, il diffondersi del calcio in Nordamerica. Le ristrettezze finanziarie poi ponevano grossi limiti per i giocatori da selezionare. Alla fine infatti si preferivani giocatori della East Coast e del Midwest per evitare di pagare le spese di viaggio dalla West Coast. Per non parlare del fatto che a volte la Nazionale riusciva a partecipare alle qualificazioni solo grazie a donazioni private! A tutto ciò conseguiva anche una pessima organizzazione, con convocazioni fatte all'ultimo e partite giocate quasi senza allenamento. Le cose migliorarono un minimo solo nelle qualificazioni 1970 grazie alla nomina di un CT, il gallese Phil Woosnam (scomparso nel luglio 2013), che era anche il Commissioner della NASL! Infatti fino ad allora le convocazioni erano fatte da un comitato. Quando per le qualificazioni ai Mondiali 1978 la federazione assunse Walt Chyzowych questi fu solo il secondo CT full time nella storia della federazione. Un altro problema era la grande popolarità  delle Olimpiadi in America, considerate l'unico vero evento sportive e quindi l'unico per il quale si riuscivano a raccogliere fondi adeguati, mentre l'apporto delle deboli leghe professionistiche (USA, NASL, NPSL) chiudeva il cerchio del fallimento della Nazionale USA. E anche il tentativo di far crescere la Nazionale sul modello di una vera e propria squadra, il "Team America", si rivelò fallimentare (leggi l'articolo di SoccerItalia sul Team America). Con la chiusura della NASL nel 1984, l'unico calcio a livello professionale rimase quello indoor, ma presto anche la MISL si trovò nei guai dal punto di vista finanziario, e con in vista i primi Mondiali su suolo Americano, la USSF decise che era giunto il momento di agire in maniera seria e professionale. E con un'organizzazione erede del successo delle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, con a capo Alan Rothenberg, la USSF nell'agosto 1988 iniziò a riunire i migliori giocatori americani ingaggiandoli direttamente, sì da poter dare loro la possibilità  di mantenersi e prepararsi in vista delle qualificazioni ai Mondiali 1990. Operazione che si dimostrò un successo il 19 novembre del 1989, il giorno del gol di Paul Caligiuri che spedì gli USA a Italia '90, di nuovo ai Mondiali per la prima volta dopo 40 anni.

History

Belo Horizonte, Brasile, 29 giugno, 1950. Un calciatore con un largo ghigno stampato in viso è trasportato sulle spalle da un gruppo di tifosi locali in festa. Il suo nome è Larry "Joe" Gaetjens. La sua squadra, gli Stati Uniti d'America, ha appena battuto l'Inghilterra 1-0 nel girone eliminatorio della quarta edizione della Coppa del Mondo. Fu Joe a mettere a segno il gol, e nonostante l'avesse fatto di testa, presto fu conosciuto come "the shot which rang round the world". Joe non era nemmeno cittadino degli Stati Uniti al tempo, e non lo divenne mai. Arrivò a New York da Haiti nel 1947, avendo ottenuto una borsa di studio pubblica per seguire dei corsi di ragioneria alla Columbia University di New York. Proveniva da una buona famiglia; suo padre, belga, era un uomo d'affari, sua madre invece, haitiana, era una casalinga, ma non erano ricchi abbastanza per mantenerlo agli studi. Per questo motivo, per sostenersi, Joe iniziò a lavorare come lavapiatti in un ristorante tedesco. Nel suo paese, ad Haiti, aveva giocato per un club abbastanza conosciuto, l'Etoile Haitienne, e avendo voglia di continuare, chiese al suo capo se potesse aiutarlo a trovare un club. "Spero che tu giochi al calcio meglio di come lavi i piatti", gli disse il suo capo, che però lo spedì per un provino con il Brookhatten, che giocava nella semiprofessionistica American Soccer League. Forse non aveva le mani fatate per la cucina, ma certamente era in grado di giocare a alcio. Attaccante energico e intelligente, fu il secondo marcatore della ASL nel 1948 e fu capocannoniere due anni dopo, nonostante il fatto che nell'anno dei Mondiali il Brookhattan si fosse piazzato all'ultimo posto in campionato. Fu comunque una sorpresa vederlo convocato tra i 16 che avrebbero rappresentato gliUSA nella quarta edizione dei Mondiali. Non perché non fosse cittadino americano - in quegli anni la sola richiesta di cittadinanza era sufficiente per il regolamento della United States Soccer Federation - ma perché aveva un'esperienza internazionale estremamente limitata. Non era infatti stato convocato nella Nazionale USA per la pessima prestazione alle Olimpiadi del 1948 (persa l'unica partita giocata, contro l'Italia, per 9-0); non aveva giocato nel torneo di qualificazione di Città  del Messico nel 1949 (in cui la Nazionale USA perse 6-0 e 6-2, pur riuscendo a qualificarsi grazie ad una vittoria e ad un pareggio controCuba); e non era sceso in campo nel match amichevole contro il Besiktas, perso dagli USA 5-0. Ma Joe aveva impressionato in una partita amichevole giocata a St. Louis, finalizzata alle ultime scelte prima dei Mondiali, e la settimana prima di partire per il Brasile fu quindi chiamato per giocare in una partita non ufficiale in cui gli USA affrontarono gli FA XI, una selezione itinerante della Football Association inglese (che includeva Nat Lofthouse e Stanley Matthews, che però quel giorno non giocò). Doveva essere deliziato dall'essere stato convocato, visto che gli USA si apprestavano ad affrontare un girone terribile, che comprendeva Spagna, Cile e Inghilterra. Solo una squadra si sarebbe potuta qualificare oltre l'Inghilterra – data per scontata -, e gli Stati Uniti non avevano speranze. Per Joe Gaetjens giocare nel girone mondiale contro la favoritissima Inghilterra, con le sue stelle famose in tutte il mondo come Wilf Mannion, Tom Finney e Stan Mortensen, era come un sogno. Che non poteva accadere a persona migliore. Joe era un ragazzo "felice e fortunato" ricorda Walter Bahr, capitano di quella Nazionale, uno dei cinque giocatori ancora vivi, tra quelli che scesero in campo ai Mondiali del 1950. "Aveva sempre un gran sorriso sulla faccia". "Era quel tipo di persona", racconta suo fratello Jean-Pierre Gaetjens, "che quando arriva in mezzo ad un gruppo di persone che non lo hanno mai visto prima, dopo 10 minuti sembra che siano stati suoi amici da 20 anni". Giocare per Brookhattan nella ASL (American Soccer League) non era esattamente il massimo. Il calcio negli Stati Uniti era un affare alquanto traballante a cavallo tra la fine degli anni '40 e i primi anni '50. Non c'era un campionato nazionale, e il soccer era giocato seriamente solamente sulla costa orientale, e in città  di forte immigrazione quali Chicago e St. Louis all'ovest. I giocatori erano semiprofessionisti che lavoravano 40 ore a settimana, e che rimediavano qualche soldo nelle partite domenicali. Walter Bahr ricorda di quando prendeva 50 dollari a settimana come insegnante di educazione fisica e quindi 25 come premio partita nel fine settimana. Gino Pariani ricorda di quando si allenava due volte a settimana in un parco locale. "Quando faceva buio ci allenavamo usando le luci delle nostre macchine", dice. "I campi erano terribili", dice ridendo Bahr. "Erano campi di terra o di cenere, o veri appezzamenti coltivati a cavolo". Il top di ogni stagione erano la National Challenge Cup, che vedeva scendere in campo le squadre delle varie leghe americane, e le tournée delle squadre delle varie nazioni che divennero di moda negli post-bellici. Il Liverpool andò in tournée nel 1946 e nel 1948, la Scozia e l'Inter nel 1949, il Manchester United e il Besiktas nel 1950. Le squadre in tournée affrontavano un All Star XI delle leghe USA, e fu quasi certamente la prestazione di Gaetjens contro il Besiktas nel maggio 1950 ad assicurargli un posto nella squadra per i Mondiali: fu lui a segnare infatti tutti i gol della squadra di casa nella sconfitta per 5-3. La selezione della squadra per i Mondiali da parte della USSF fu un processo delicato. I selezionatori erano preoccupati di privilegiare una lega rispetto all'altra, racconta Bahr, e così alla fine scelsero otto giocatori della East Coast e otto delle Western Leagues. Una volta assemblata, la squadra dopo tre giorni volò verso Rio de Janeiro e poi ebbe altri tre giorni per acclimatarsi prima della partita d'esordio con la Spagna. Mentre l'Inghilterra iniziò il torneo venendo data favorita 3-1, gli americani erano dati 500-1. Il loro coach Bill Jeffrey, uno scozzese bonaccione di Dundee che aveva allenato con successo la Penn State University, aveva il compito di scegliere gli undici da mandare in campo contro la Spagna. "Sapeva che molti dei giocatori non erano usi a giocare insieme, ma si assicurò che imparassero a conoscere le loro zone di campo", dice Bahr. Jeffrey utilizzava il modulo W-M e scelse la spina dorsale della squadra dallo stesso distretto italiano di St. Louis, un'area conosciuta come "The Hill". Il suo portiere, Frank Borghi, era un direttore di funerali dalle mani enormi, che era stato decorato per aver coraggiosamente curato un soldato tedesco ferito durante lo sbarco in Normandia.Charlie Colombo, difensore centrale sinistro, era conosciuto come "Gloves" (guanti, ndt) per la sua abitudine di giocare con un paio di guanti quale che fosse il tempo, mentre Gino Pariani era un talentuoso interno sinistro che era stato costretto a spostare il proprio matrimonio di una settimana a causa dei Mondiali. "La sposa poteva vedere quanto fosse importante per me", racconta Pariani. "Non fece un gran casino". Leggi: Frank Borghi, il gremlin americano eroe dei Mondiali 1950 Frank "Pee Wee" Wallace era un'ala sinistra con il senso del gol che durante la guerra aveva passato quindici mesi in un campo di prigionia tedesco. Per ragioni tattiche, sia Wallace che Pariani sarebbero stati spostati sulla destra nel match con la Spagna. L'unico non-italiano dei giocatori di St. Louis era Harry Keough, che giocava terzino destro. Era sposato con una ragazza di Guadalajara e parlava spagnolo, ragione sufficiente a Billy Jeffrey per assegnargli la fascia da capitano nella partita d'apertura. Il capitano di solito era Walter Bahr, centrocampista dalla buona tecnica con la propensione ad attaccare, il quale, secondo l'ex nazionale scozzese Tommy Muirhead, "avrebbe potuto giocare in qualsiasi team della First Division inglese". Accanto a lui c'era Eddie McIlvenny, uno scozzese di Greenock che aveva giocato nel Regno Unito, raccogliendo sette presenze con il Wrexham in Division Three prima del 1949. Quando i gallesi lo lasciarono andare, emigrò negli Stati Uniti. Il lato destro del campo era coperto dall'ala di origine polacca, ma proveniente da Chicago, Adam Wolanin, in passato nelle riserve del Blackpool, e John Souza, interno destro di talento, mentre a terzino sinistro Jeffrey impiegò Joseph Maca, un belga che era emigrato negli USA dopo aver combattuto nella resistenza durante la guerra. Il pezzo finale del puzzle era Gaetjens, l'unico attaccante. "Joe era un giocatore girovago, nominalmente un centrattacco, che però si muoveva ovunque", ricorda Bahr. "Aveva tocco e naso per il gol. Faceva accadere le cose. Si era guadagnato la reputazione di uno sul quale bisognava tenere gli occhi aperti. Non segnava gol da manuale, ma era lì pronto a buttarla dentro. Giocava sempre con il sorriso sulle labbra - sembrava sempre divertirsi sul campo". Quando gli USA scesero in campo a Curitiba contro i forti spagnoli, il 23 giugno 1950, ci si aspettava una sconfitta pesante. I primi 15 minuti non accadde nulla per smentire le aspettative, con la Spagna che lanciava un attacco dopo l'altro. Superata la tempesta, fu Frank "Pee Wee" Wallace a servire il suo amico d'infanzia Gino Pariani. Questi controllò la palla con un tocco, Pariani ricorda "la arpionai e superai il portiere dal limite dell'area". USA 1, Spagna 0. Tutti i pensieri che gli americani avrebbero tentato di difendere il vantaggio furono velocemente scacciati. "Quella, semplicemente, non era la maniera nella quale giocavamo", ricorda Walter Bahr. "Se segnavamo il primo, volevamo il secondo. Eravamo convinti che la miglior forma di difesa fosse l'attacco". Il match, che veniva giocato senza esclusione di colpi, vedeva gli USA ancora in vantaggio negli ultimi minuti. "Ma non eravamo in forma" racconta Bahr. "Devi ricordarti che lavoravamo tutti a tempo pieno. Harry Keough era un postinmo., quindi era in forma, come lo ero io, che ero u insegnante di educazione fisica, ma non potevamo certo tenere il ritmo dei professionisti per 90 minuti". E così la Spagna segno tre gol nel 10 minuti finali, salvando la faccia. Nonostante la sconfitta, Bill Jeffrey rimase molto contento della grintosa prova dei suoi ragazzi, e fece un solo cambiamento per il match contro l'Inghilterra di quattro giorni dopo, 350 miglia a nord di Rio, nella città  di Belo Horizonte (pronuncia "Bel Horizonch"). Mise fuori il polacco Wolanin e lanciò in squadra Eddie Souza, amico d'infanzia e compagno di squadra nel Fall River di John Souza, col quale però non aveva nessuna parentela. Entrambi i Souza si sarebbero schierati sulla sinistra, con Pariani e Wallace sulla destra. Come prima, Gaetjens avrebbe arato il solco da solo in avanti. L'Inghilterra, allenata da Walter Winterbottom, aveva battuto 2-0 il Cile nella prima parita del torneo, e si aspettava una goleada contro gli Stati Uniti, per assicurarsi così che il match finale con la Spagna potesse diventare un'esibizione. La preparazione al match fu però smaccatamente superficiale. Nessuno infatti si preoccupò di andare ad osservare gli avversari o anche solo visionare il campo. L'unico membro della FA Selection Committee spedito in Brasile, Arthur Drewry - un mercante di pesce di Grimsby - annunciò un immodificato undici. Nella sua biografia, Stanley Matthews racconta di essere stato imbarcato su un volo per il Brasile, mentre si trovava in tournée in Nord America, appositamente per il match con gli USA, per poi però trovarsi ancora una volta fuori. L'Inghilterra si cambiò in un tennis club fuori città  per poi muoversi verso il campo, ma i giocatori rimasero sbigottiti dello stato del campo quando iniziarono a scaldarsi. "È stato detto molto sullo stato del campo", dice Walter Bahr, "ma non mi pare che fosse particolarmente male. Penso che fossimo abituati a campi ben peggiori negli Stati Uniti". L'approccio rilassato degli americani si poteva rintracciare anche nel fatto che alcuni membri della squadra rimasero in piedi fino a tardi per una festa la notte prima della partita. Fra i 10.151 tifosi dello stadio di Belo Horizonte vi erano alcuni soldati americani e un gruppo di lavoratori di una miniera di proprietà  britannica, ma la grande maggioranza era composta da rumorosi brasiliani. "Possiamo dire che sin dall'inizio volevano che noi vincessimo", racconta Frank Borghi, "perché volevano l'Inghilterra fuori dai Mondiali, sì da avere più possibilità  di vincere". Appena iniziata la partita, sembrava assai improbabile che i brasiliani potessero vedere il risultato in cui speravano. L'Inghilterra ebbe sei buone occasioni nei primi 12 minuti: due finirono sopra la traversa, due sul palo e due posero seri problemi a Borghi. Gli americani fecero il primo tiro in porta dopo 25 minuti, una breve tregua mentre l'Inghilterra continuava ad attaccare. Nonostante Borghi fosse particolarmente ispirato, sembrava semplicemente una questione di tempo prima che l'Inghilterra aprisse le marcature. E infatti, dopo 39 minuti, arrivò il primo gol, ma gli americani non avevano letto il copione. Rimediata una rimessa laterale a 35 metri circa dalla porta, Eddie McIlvenny trovò libero Bahr. Questi si mosse in avanti prima di attaccare verso l'area. "Erano circa 25 metri, distanza buona per un tiro", ricorda Pariani. "Il portiere inglese si mosse sulla destra per intercettare il tiro, ma improvvisamente Joe Gaetjens saltò, colpendo di testa, e deviò la palla nella direzione opposta. Prima che realizzasse cosa fosse successo, la palla era dentro la rete". Secondo un giornalista, la palla aveva appena sfiorato la parte laterale della testa di Gaetjens, ma il compagno di squadra Harry Keough aveva una visione chiara dell'episodio: "Joe si elevò, si indirizzò verso la palla toccandola", ricorda. Leggi: La scomparsa di Harry Keough, eroe della vittoria sugli inglesi Gaetjens stesso non vide la palla entrare; appena colpita la palla infatti, era finito con la faccia nel fango. Ma era gol, e dopo 38 minuti di dominio dell'Inghilterra gli USA avevano in qualche modo rubato il vantaggio. "Joe non esultò come un pazzo o altro, nessuno lo faceva a quei tempi", dice Bahr. "Gli stringemmo la mano e lui si avviò corricchiando verso la metà  campo, con un grande sorriso sul viso. Aveva sempre quel sorriso sul viso". Il gol tolse il vento dalle vele degli inglesi, e man mano che la partita andava avanti gli attacchi si fecero sempre meno persistenti. Furono invece gli USA ad andare vicino al secondo gol all'inizio del secondo tempo, quando Gino Pariani mise il suo vecchio amicoFrank Wallace uno contro uno col portiere inglese. "Penso che Frank andò in agitazione", ricorda Pariani. "Avrebbe potuto semplicemente toccare sotto e mandarla in rete, ma colpì la palla spedendola direttamente addosso al portiere che la deviò. La palla si avviò comunque verso la rete, ma il libero riuscì a recuperare e salvò". Finalmente, dopo 82 minuti, l'Inghilterra riprese ad attaccare, sapendo che i suoi avversari erano di nuovo stanchi. Per una volta Stan Mortensen riuscì a passare attraverso la difesa americana e si stava preparando al tiro quando Charlie "Gloves" Colombo lo stese da dietro con quello che potrebbe essere descritto come un'entrata da rugby. "Charlie sarebbe dovuto essere cacciato fuori per quell'entrata", dice Bahr. "Nessuno di noi avrebbe protestato. Ma l'arbitro, che era italiano, disse solo 'buono, buono, buono'. Gli inglesi volevano il calcio di rigore, ma fu loro concesso solo un calcio di punizione da fuori area". Sul tiro, il colpo di testa di Jimmy Muellen sembra superare Frank Borghi ed essere destinato al gol. Un pareggio che avrebbe dato all'Inghilterra ancora una chance per qualificarsi, ma Borghi si tuffo in tutta la sua lunghezza sulla sua sinistra riuscendo in qualche modo a deviare la palla oltre il palo. La palla aveva superato la linea? Gli inglesi lo pensavano e protestarono rumorosamente, ma Bahr è sicuro. "Non era assolutamente gol", dice. "Poteva essere sulla linea, ma sicuramente non la superò". Leggi: Addio a Bert Williams, il portiere dei "Maestri inglesi" distrutti da Gaetjens Quale che fosse la verità , quella si rivelò essere l'ultima azione significante del match, e al fischio finale centinaia di tifosi brasiliani invasero il campo. Essi sollevarono sulle spalle due giocatori, e li portarono verso gli spogliatoi. Uno dei due era Frank Borghi. "Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo", ride. "Semplicemente mi alzarono e mi portarono in giro. Non ci potevo credere". L'altro era Joe Gaetjens, lo studente lavapiatti da Porta au Prince, Haiti, che era svettato sulla palla al 39' minuto, atterrando con la faccia nel fango, e tracciato il suo nome negli annali della storia dei Mondiali. Non si registrarono molte notizie della partita negli USA: c'era un solo giornalista americano alla partita, Dent McSkimming, del St. Louis Post Dispatch, cui era capitato di trovarsi in zona in vacanza. Sei giorni dopo gli USA persero 5-2 con il Cile sotto i 39 gradi di Recife, e furono eliminati dalla competizione. Nella loro ultima partita gli inglesi dovevano battere la Spagna 4-0 per qualificarsi. Persero 1-0 e dovettero fare i bagagli. Al ritorno a casa gli inglesi furono aspramente criticati dalla stampa, anche se non ci fu il clamore che sarebbe potuto essere oggi. In fatti, maggior spazio fu dato alla prima vittoria della storia delle Indie Occidentali contro la squadra di cricket inglese sul suolo d'Inghilterra, avvenuta nello stesso giorno dell'umiliante sconfitta contro i moscerini del calcio. I pochi membri ancora vivi della squadra inglese dei Mondiali 1950 sono spesso interpellati riguardo quella partita. "Fu una di quelle partite – ha raccontato recentemente Tom Finney a FourFourTwo - in cui avremmo potuto giocare per nove ore senza riuscire a segnare". Solo cinque membri della Nazionale USA di allora sono ancora vivi oggi: Walter Bahr, Gino Pariani, Frank Borghi, Harry Keough e John Souza. Si sono molto divertiti a vedere le loro gesta immortalate nel film The Game of Their Lives, flop hollywoodiano del 2005, molto mal ispirato all'ottimo libro dallo stesso titolo scritto dall'accademico Geoffrey Douglas. Il ruolo di Borghi nel film fu interpretato da Gerard Butler, famoso per "Phantom of the Opera". Desson Thompson del Wahington Post, nel recensire il film ha scritto: "Un giorno qualcuno farà  un bel film sul calcio. Oggi non è quel giorno". Joe Gaetjens non divenne mai cittadino americano. Non giocò nemmeno un'altra partita con gli USA dopo la sconfitta col Cile. Si trasferì in Francia dopo i Mondiali del 1950 e giocò per alcuni anni con Racing Club de Paris e Troyes, prima di tornare a casa, ad Haiti. Giocò per il suo paese in un match di qualificazione mondiale a Port au Prince contro il Messico nel 1953, sconfitta per 4-0, prima di ritirarsi per avviare una tintoria. Undici anni dopo, l'8 luglio 1964, Gaetjens fu preso mentre era al lavoro dalla squadra della morte di Franà§ois 'Papa Doc' Duvalier, i Tonton Macoutes. "Joe non aveva un solo osso politico in corpo", ricorda Walter Bahr. Ma la sua famiglia sì, e il supporto dato agli oppositori della sanguinaria dittatura di Duvalier fu abbastanza per firmare la condanna a morte di Joe. Gaetjens fu visto vivo per l'ultima volta due giorni dopo, nella famigerata prigione di Fort Dimanche, dove furono uccisi a migliaia. Il suo corpo non fu mai trovato. Nonostante il governo haitiano abbia emesso un francobollo in suo onore nel 2000, la sua famiglia è ancora impegnata in una campagna perché i dettagli della morte di Joe Gaetjens vengano resi pubblici. Alex Leith FourFour Two - April 2006 (pagg. 112-117) FourFourTwo ringrazia Walter Bahr, Gino Pariani, Frank Borghi e Sir Tomas Finney per aver accettato di essere intervistati per questo articolo, e lo storico del calcio americano Colin Jose per il suo impagabile aiuto. A 64 anni dal match giocato proprio in Brasile, abbiamo ripubblicato un bellissimo articolo tratto dal mensile inglese FourFourTwo sulla storia di Joe Gaetjens, l'autore dello storico gol che consentì agli USA di battere i mestri inglesi ai Mondiali del 1950. Traduzione a cura di Franco Spicciariello

History

Ai Mondiali del 1934 i campioni in carica dell'Uruguay, come altre squadre sudamericane, rifiutarono di partecipare per protestare contro l'assenza delle europee nel 1930, e per questo la "celeste" non potè difendere il titolo. Caso strano, anche l'Italia, nazione ospitante, dovette passare per le qualificazioni (superò la Grecia). L'avventura oltre oceano era iniziata subito con dei problemi per gli USA. Avevano infatti presentato la domanda d'iscrizione in ritardo, e questa fu accettata alla condizione di giocare direttamente in Italia un match di qualificazione contro il Messico, la Nazionale vincitrice del girone di qualificazione nordamericano (la CONCACAF nascerà solo nel 1938). La US squad venne formata dopo una serie di incontri amichevoli organizzati appositamente. Il primo vide gli USA affrontare una rappresentativa della Pennsylvania League All-Stars, il 2 maggio, 2934. Gli USA vinsero per 8-0, con triplette di Aldo "Buff" Donelli e Werner Nilsen. Due giorni dopo a Newark (NJ), invece, furono sconfitti dalle American Soccer League All-Stars 4-0, con tripletta di Archie Stark, il miglior goleador americano di quegli anni (scozzese di nascita, membro della National Soccer Hall of Fame), che però rifiutò la convocazione per motivi di lavoro! L'ultima partita si giocò a Philadelphia il 5 maggio, dove gli USA batterono le Eastern Pennsylvania All-Stars 2-0. Come tutto il movimento calcistico, anche la United States Football Association (allora non ancora Federation) era stata colpita dagli effetti della "Grande Depressione", che ebbe un impatto sul campionato nazionale, con la ASL che chiuse nel 1933 per poi ripartire mesi dopo come lega semi-professionista. Per il calcio pro degli USA fu l'ingresso in una sorta di Medio Evo da cui sarebbe uscito momentaneamente nel periodo a cavallo tra gli anni '70 e '80 con la NASL, seguito da un nuovo buio, sino alla rinascita definitiva nel 1996 con la MLS. Diciannove furono i convocati dopo l'ultimo match di prova comunque. Quelli che poi scesero in campo a Italia '34 furono: portiere Julius Hjulian (Chicago Wieboldt Wonderbolts); difensori Adolph “Ed” Czerkiewicz (Pawtucket Rangers), George Moorhouse (NY Americans), Peter Pietras (Philadelphia German-American), Tom Florie (Pawtucket Rangers); centrocampisti Adelino “Billy” Gonsalves (St. Louis Stix, Baer and Fuller), James Gallagher (Cleveland Slavia), William Lehman (St. Louis Stix),Werner Nilson (St. Louis Stix, Baer and Fuller); in attacco Aldo Donelli (Curry Silver Tops), Willie McLean e Francis Ryan (Philadelphia German-Americans). Il manager eraElmer Schroeder, il CT David L. Gould, coach di Penn, che aveva vinto la 1897 American Cup con il Mainz. Moorhouse, Gonsalves, Florie e Jimmy Gallagher erano i veterani dei Mondiali d'Uruguay. Un giovane dilettante di Pittsburgh Curry, di nome Aldo “Buff” Donelli fece una grande impressione nelle amichevoli e riuscì a farsi aggregare ala squadra., nonostante le perplessità  dei compagni, tutti professionisti. Ma Donelli si rivelò presto la sorpresa del torneo per gli USA. La Nazionale Americana arrivò a Roma il 14 maggio, e si allenò immediatamente il giorno successivo. La cosa strana è che si allenarono giocando a baseball! Il pallone da calcio lo toccarono solo il giorno successivo, lavorando principalmente sulla tattica, senza cercare di comprendere troppo i reciproci stili di gioco. Nella prima partitella Buff Donelli impressionò talmente che fu spostato dalle reserve al lineup titolare. Venendo spesso guardato dall'alto in basso dalla cricca composta dai giocatori di St. Louis e New York, allora potenze del soccer USA, doveva sudare per riuscire ad avere la palla, finendo per fare un gioco di movimento in attacco assai raro in un'epoca di calcio statico come quella, nel quale i giocatori dovevano rimanere fissi nella propria zona. Fu Billy Gonsalves - detto il Babe Ruth del soccer di allora – a dire a Schroeder di far giocare Donelli altrimenti Gonsalves stesso non avrebbe giocato. E Buff divenne così titolare. Aldo Donnelli ha ricordato nel libro di Tony Cirino, "U.S. Soccer vs The World": «Ci allenammo semplicemente facendo passaggi e tagli a centrocampo delle ali. Non un vero allenamento quindi, perché non provammo affatto la difesa e non sapevamo quindi come muoverci». Il match di qualificazione con il Messico si tenne a Roma, allo "Stadio del PNF", il 24 maggio, davanti a 10.000 spettatori. Lo stadio sarebbe stato poi raso al suolo dopo la guerra e ricostruito un po' più là , ed è oggi noto come stadio "Flaminio". Ieri come oggi, dal punto di vista tecnico il Messico era superiore tecnicamente agli USA, ma i giocatori americani erano più veloci, con i difensori che ebbero quindi gioco facile nel controllare l'avanti messicano. Al 15' Donelli aggancia un lungo lancio di Czerkiewicz, taglia tra due difensori e scocca un tiro che s'insacca alle spalle del portiere messicano Navarro. Il Messico pareggia 7 minuti dopo con Alonso, ma è ancora Donelli a trovare la rete al 30'. Con il Messico che si riversa in avanti, per gli USA, e per Donelli, si aprono molti spazi in attacco. E quando, nel secondo tempo un difensore messicano viene espulso per aver bloccato con le mani Donelli lanciato a rete, la partita si fa facile. Ed è ancora Donelli a mettere a segno altri due gol, per un totale di quattro quindi, chiudendo così una partita nella quale c'è tempo solo per un gol del messicano Meija. La Coppa del Mondo del 1934, che vedeva 16 squadre partecipanti, era organizzata su un sistema ad eliminazione diretta. Sfortuna volle che gli USA si ritrovassero davanti proprio l'Italia. La Nazionale italiana si presentava ai varchi di partenza come la favorita, avendo avuto l'opportunità , grazie alla propria legge sulla cittadinanza, di naturalizzare alcuni oriundi sudamericani. Tra questi vi erano Luis Monti, che aveva giocato per l'Argentina alle Olimpiadi del 1928 e ai Mondiali del 1930, nei quali aveva anche segnato il gol d'apertura nel 6-1 rifilato dall'Argentina agli USA. E il caso portò gli USA ad essere l'unica squadra ad affronare Monti sia in Uruguay che in Italia. Gli altri grandi oriundi erano Raimundo “Mumo” Orsi (Juventus), anche lui in maglia albiceleste ad Amsterdam 1928, in cui aveva segnato due gol agli USA, e Amphilogino Marques Guarisi, dettoFilò, naturalizzato italiano e membro di quella che in quel periodo veniva chiamata la "Brasilazio", per il numero di oriundi brasiliani presenti in squadra. Nella rosa italiana trovava posto anche Atilio Demaria, in maglia argentina ai Mondiali del '30. Una scelta, quella di naturalizzare gli oriundi, compiuta dal CT Vittorio Pozzo a seguito della brutta sconfitta per 4-2 contro il Wunderteam austriaco pochi mesi prima. Alla partita, giocata il 27 maggio 1934 sempre allo "Stadio del PNF", assistette anche “S.E. Benito Mussolini, Duce d'Italia“. I Mondiali di calcio erano infatti una vetrina importantissima per il fascismo, che stava giungendo al culmine. Va detto che Mussolini in quegli anni era spesso presente allo stadio di Roma, essendo lui e suo figlio Vittorio tifosi e abbonati della Lazio, e i giornali sottolinearono come in occasione del match d'apertura dell'Italia entrambi avessero pagato il biglietto. Gli USA vennero immediatamente schiacciati dalla Nazionale italiana, che dominò dal primo all'ultimo minuto, schiantando con 7 gol (Schiavio 3, Orsi 2, Ferrari, Meazza) gli americani, che però riuscirono a mettere a segno almeno il gol della bandiera con il solitoDonelli al 57'. Guarda gli highlights di Italia vs USA 7-1 L'Italia si sarebbe poi aggiudicata il Mondiale battendo in finale la Cecoslovacchia 2-1. Nonostante la brutta sconfitta, dovuta a vari fattori, tra i quali l'ambiente e la stanchezza della partita di tre giorni prima col Messico, la Nazionale USA aveva fatto una buona impressione e venne quindi ingaggiata per una tournée in una Germania non ancora ufficialmente nemica. A seguito delle prestazioni in Italia, alcuni giocatori americani come Gonsalves e Donnelli ricevettero offerte per giocare in Europa, ma a seguito delle crescenti tensioni politiche nel continente decisero di rinunciarvi. Ma mentre Gonsalves continuò a giocare a calcio professionalmente, Donelli (scomparso nel 1994) ritornò al football Americano, e in seguito divenne persino coach di squadre quali i Pittsburgh Steelers (1941) e i Cleveland Rams (oggi St. Louis Rams) nel 1944. Le stesse tensioni politiche che fecero decidere Gonsalves e Donelli a rinunciare all'europa, portarono gli USA a rinunciare alle qualificazioni per i Mondiali 1938, gli ultimi prima della guerra che avrebbe portato i Mondiali successivi a disputarsi nel 1950 in Brasile. Ma a quel punto, dopo anche la chiusura dell'American Soccer League, con la rescissione di ogni legame internazionale mantenuto grazie ai tornei, il soccer USA si trovò sempre più marginalizzato, e in patria le divisioni etniche prevalsero in qualche modo, rendendo alla vista di molti il calcio uno sport "straniero" per molti americani, cosa che invece non era mai stata sin dalla sua nascita. _________________________________________________ 24 Maggio 1934 – Stadio Nationale del PNF, Roma Messico - USA 2:4 (1-2) Partita di qualificazione Messico: Rafael Navarro(América); Antonio Azpiri(Necaxa)-(52'e), Lorenzo Camarena(Necaxa); Guillermo “Perro” Ortega(Necaxa)(Cap), Ignacio Avila(Necaxa), Felipe “Diente” Rosas (Atlante); Vicente Garcà­a(Necaxa), Manuel Alonso(Espaà±a), Dionisio Mejà­a(Atlante), Juan Carreà±o(Atlante) y José Ruvalcaba(Necaxa). CT: Rafael Garza Gutiérrez “Record”. USA: : Julius Hjulina (Chicago Wonderbolts) – Edward Czerkiewicz (Pawtucket Rangers) – George Moorhouse (New York Americans) – William Lehman (St. Louis Stix) – William Gonsalves (Baer & Fuller FC St.Louis) – Peter Paul Pietras (1st GASC Philadephia) – James Gallagher (Cleveland Slavia) – Werner Nilson (St. Louis Stix, Baer and Fuller) – Aldo Donelli (Curry Siver Tops) – Thomas Florie (Pawtucket Rangers) – William McLean (Baer & Fuller FC St.Louis). CT: Elmer Schroeder Gol: Aldo Donelli (USA - 15', 30', 73' e 87'), Manuel Alonso (MES – 22'), Dionisio Mejà­a (MES – 75') Arbitro: Yussuf Mohamed (Egitto) Spettatori: 10.000 27 Maggio 1934 – Stadio Nationale del PNF, Roma Italia – USA 7:1 (3:0) Eliminazione diretta Italia: Giampiero Combi (Juventus) – Virginio Rosetta (Juventus) – Luigi Allemandi (Inter) – Mario Pizziolo (AC Fiorentina) – Luis Felipe Monti (Juventus) – Luigi Bertolini (Juventus) – “Filo” = Amphilogino Marques Guarisi (SS Lazio)- Giuseppe Meazza (Inter) – Angelo Schiavio (AS Bologna) – Giovanni Ferrari (Juventus) – Raimundo Orsi (Juventus). CT: Vittorio Pozzo USA: Julius Hjulina (Chicago Wonderbolts) – Edward Czerkiewicz (Pawtucket Rangers) – George Moorhouse (New York Americans) – Peter Paul Pietras (1st GASC Philadephia) – William Gonsalves (Baer & Fuller FC St.Louis) – Thomas Florie (Pawtucket Rangers) – Francis Ryan (1st GASC Philadelphia) – Verner Nilsen (Baer & Fuller FC St.Louis) – Aldo Donelli (Curry Siver Tops) – Walter Dick (Pawtucket Rangers) – William McLean (Baer & Fuller FC St.Louis). CT: David L. Gould Gol: 1:0 Schiavio (18'), 2:0 Orsi (20'), 3:0 Schiavio (29'), 3:1 Donelli (57'), 4:1 Ferrari (63'), 5:1 Schiavio (64'), 6:1 Orsi (69'), 7:1 Meazza (89') Arbitro: Rene Mercet (Svizzera) Spettatori: 25.000 La rosa degli USA ai Mondiali 1934 Julius Hjulian P Mar 15, 1903 Ed Czerkiewicz D,  Lug 08, 1912 Al Harker D, Apr 11, 1910 Joe Martinelli D, Gen 01, 1916 George Moorhouse D, Mag 04, 1901 Herman Rapp D, Gen 01, 1907 Tom Amrhein C, Gen 01, 1911 Bill Fiedler C, Gen 10, 1910 Jimmy Gallagher C, Giu 07, 1901 Bill Lehmann C, Dec 20, 1901 Tom Lynch C, Giu 08, 1914 Peter Pietras C, Apr 21, 1908 Walter Dick A, Set 20, 1905 Aldo Donelli A, Lug 22, 1907 Tom Florie A, Set 06, 1897 Billy Gonsalves A, Ago 10, 1908 Bill Mclean A, Gen 27, 1904 Werner Nilsen A, Feb 24, 1904 Francis Ryan A, Gen 10, 1908 CT: David Gould

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Alla loro prima Coppa del Mondo, peraltro la prima della storia, disputatasi nel 1930 in Uruguay, gli Stati Uniti ottennero ottimi risultati. Nonostante parte del merito vada dato al ristretto numero di partecipanti, e all'assenza degli allora maestri del calcio inglesi, in realtà  molto di quanto raggiunto dalla Nazionale USA va anche ricercato nella esperienza e nella forma acquisita dai calciatori americani, che militavano tutti nella allora molto competitiva, anche se comparata ai campionati europei di allora, American Soccer League. Per accedere ai Mondiali 1930 gli USA dovettero accettare un invito e passare 18 giorni in nave sino in  Uruguay. Sino ad allora la Nazionale americana aveva giocato solo 11 partite internazionali. Proprio a causa della lunghezza del viaggio, solo quattro nazionali europee accettarono l'invito: Belgio, Francia, Romania e Jugoslavia, che si aggiunsero appunto agli USA, al Messico, Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù e i padroni di casa dell'Uruguay, per un totale di 13 squadre. Gli USA salparono per l'Uruguay sulla S.S. Munargo (guidata dal Comandante W.W. Clark) e si allenarono sulla nave sino al loro arrivo a Montevideo l'1 luglio 1930. La Una volta che tutte le nazionali furono arrivate, il comitato organizzatore le divise in quattro gironi: uno da quattro squadre e gli altri da tre. Gli Stati Uniti furono sorteggiati con Belgio e Paraguay. Nonostante alcune leggende raccontino di che gli USA avessero fra le proprie file ben sei calciatori professionisti inglesi e scozzesi, le ricerche di storici del calcio quali Dave Litterer e Colin Jose (autori di numerose pubblicazioni sulla storia del soccer Americano) hanno dimostrato la non verità  di queste leggende. Infatti quattro di questi sei si erano trasferiti negli USA da teenager, e solo uno aveva giocato professionalmente in Gran Bretagna (George Moorehouse). Due partite in 3rd Division sette anni prima! I convocati per i Mondiali furono selezionati dopo tre match di prova e posti sotto la guida del general manager Wilfred Cummings e dell'allenatore Robert Millar, uno che aveva giocato in Scozia col St. Mirren prima di emigrare in America nel 1910. Gli USA schierarono gli stessi undici per tutte e tre le partite: in porta Jimmy Douglas(New York Nationals); in difesa Alexander Wood (Detroit Holley Carburetor), George Moorhouse (NY Giants), James Gallagher (NY Nationals), Raphael Tracey (St. Louis Ben Millers); a centrocampo Andy Auld (Providence Clamdigers), Dave Brown (NY Giants) e Billy Gonsalves (Fall River Marksmen); in attacco Bert Patenaude (Fall River Marksmen, uno da 121 gol in 125 match col suo club),Tom Florie (capitano, New Bedford Whalers) e Bart McGee (NY Nationals). Tuti tranne Moorehouse e Tracey provenivano dalla American Soccer League. All'esordio, per la sorpresa di molti, gli USA batterono nettamente (3-0) il Belgio. Il primo gol fu messo a segno da Bart McGhee al 40' a seguito di una palla rimbalzata sull'incrocio su tiro di Gonsalves. A lungo si è discusso se questo sia stato il primo gol della storia dei Mondiali. La FIFA ha determinato alcuni anni dopo che il primo gol era stato segnato lo stesso pomeriggio dal francese Lucien Laurent. È proprio McGhee a raddoppiare, sempre nel primo tempo. Terzo e ultimo gol di Florienel secondo tempo. Quattro giorni dopo gli USA stendono per 3-0 anche il Paraguay con tripletta – la prima assoluta in un Mondiale – di Bert Patenaude (riconosciuta però ufficialmente solo nel 2006 dalla FIFA, per una controversia sul secondo gol) qualificandosi così alle semifinali, dove gli USA giungevano col miglior record di tutti i gruppi: due vittorie e 6 gol segnati e e nessuno subito. Erano quindi visti quali concorrenti legittimi per la vittoria finale. Un commentatore argentino scrisse: “[Gli americani] sono atleti di talento che giocano in maniera fluida e usano bene il corpo, seppure con qualche fallo di tropp. Dominano sulle palle alte ad un livello che solo i team professionistici inglesi e scozzesi, cui si ispirano nel gioco senza però la stessa monotonia e con maggior vitalità  e precisione. I difensori sono bravi a dar via la palla,; la linea di centrocampo difende bene e sostiene altrettanto bene gli attaccanti, che hanno ottimi piedi e tiro, oltre che capacità  aeree superiori. Senza i team britannici, gli USA rappresentavano quindi l'allora “English football style”. Scrive l'autore Tony Cirino nel linro “U.S. Soccer vs The World”: “Il match USA vs Argentina – replica di quello delle Olimpiadi 1928 (finto 11-2 per gli argentini) – presenta un confronto tra due scuole calcistiche: quella dei passaggi corti e della tecnica sudamericani e il gioco atletico a palla alta dei nordamericani”. Sulla strada delle semifinali gli americani si erano guadagnati il soprannome di “the shot-putters” da parte dei francesi, e per i media uruguayani erano i favoriti in semifinale e nella corsa alla vittoria del primo Mondiale. Ma i sogni degli USA finiscono nel secondo tempo della semifinale, giocata al Centenario di Montevideo il 26 luglio 1990 davanti a 112.000 spettatori, con l'Argentina che demolisce gli Stati Uniti per 6-1, con primo gol argentino del centromediano Luisito Monti, che nel 1934 vincerà il mondiale con la maglia Azzurra. Il primo tempo si chiude 1-0, ma nel secondo gli americani crollano sotto i gol di Scopelli e del capocannoniere del Mondiale Guillermo Stabile. A scusante degli USA un campo più largo di quello regolamentare di quasi 8 metri, e una squadra rimaneggiata: il portiere degli USA Douglas infatti, aveva subito una seria distorsione ad inizio partita, costringendolo a rimanere in campo infortunato per oltre 80 minuti, dato che all'epoca le sostituzioni non erano previste dal regolamento. Anche il centrocampista Tracey s'infortunò seriamente, lasciando addirittura gli USA in 10 (incluso Douglas) dopo aver giocato per 10' con una gamba fratturata. Negli ultimi 10' minuti gli USA ne presero altri tre, e il gol della bandiera venne messo a segno da Brown all'89'. Racconta lo storico inglese Brian Glanville che nel secondo tempo gli USA persero la testa, consentendo all'arbitro di farli infuriare: "L'arbitro era John Langenus, che non si è mai stancato di raccontare la bizarra storia del preparatore americano. Durante il secondo tempo fischiò un fallo contro gli aemricani. A quel punto, l'assistente medico, anche lui arbitro, corse in campo con in mano la valigetta in mano per protestare violentemente. Nel corso delle proteste tirò la valigetta sul campo e questa si aprì spargendo il suo contenuto, tra cui una boccetta di cloroformio. I fumi di questo la tranquillizarono, e fu accompagnato con calma fuori dal campo" I Mondiali si chiusero il 30 luglio, con la vittoria dei padroni di casa dell'Uruguay sull'Argentina per 4-2. Gli USA avrebbero infine dovuto giocare la finale per il terzo posto contro la Jugoslavia, che però rifiutato, con il terzo posto quindi assegnato agli Stati Uniti, a tutt'oggi miglior risultato per una Nazionale della CONCACAF. La splendida marcia degli Stati Uniti fu anche notata in Europa, e dopo il torneo James Brown firmò per Manchester United e Alexander Wood per il Leicester City. Nonostante l'ultima partita finite malamente, il risultato dei Mondiali 1930 è rimasto ineguagliato (semifinale), superando anche la splendida avventura del 2002 che vedremo in seguito, chiusasi ai quarti, anche se in Giappone/Corea del Sud ben altre sono state le condizioni competitive. ____________________________________ 13 luglio 1930 Montevideo, Estadà­o Parque Central USA - Belgio 3:0 (2:0) USA: Jimmy Douglas, Alec Wood, George Moorhouse, Jimmy Gallagher, Raphael Tracey, Billy Gonsalves, Andy Auld, James Brown, Bert Patenaude, Tom Florie, Bart McGhee Belgio: Arnold Badjou, Theodore Nouwens, Nico Hoydonckx, Pierre Braine, Gustav Hellemans, Jean de Clerq, Louis Versijp, Bernard Voorhoof, Ferdinand Adams, Jacques Moeschal, Jan Diddens Gol: Bart McGhee 41' (1-0), Tom Florie 45' (2-0), Bert Patenaude 88' (3-0) Arbitro: Josè macias (Argentina) Spettatori: 10.000 17/07/1930, Montevideo, Estadà­o Parque Central, USA - Paraguay 3-0 (2:0) USA: Jimmy Douglas, Alec Wood, George Moorhouse, Jimmy Gallagher, Raphael Tracey, Billy Gonsalves, Andy Auld, James Brown, Bert Patenaude, Tom Florie, Bart McGhee Paraguay: Modesto Denis, Quiterio Olmedo, José Leon Miracca, Romildo Etcheverry, Eusebio Dà­az, Francisco Aguirre, Lino Nessi, Diogenes Dominguez, Aurelio Gonzà¡lez, Delfin Benà­tez Caceres, Luis Vargas Pena Gol: Bert Patenaude 10' (1-0), Bert Patenaude 15' (2-0), Bert Patenaude 50' (3-0) Arbitro: Josè Macias (Argentina) Spettatori: 20,800 26 luglio 1930, Montevideo, Estadà­o Centenario Argentina - USA 6:1 (1:0) Argentina: Juan Botasso, José Della Torre, Fernando Paternoster, Juan Evaristo, Luis Monti, Rodolfo Orlandini, Carlos Peucelle, Alejandro Scopelli, Guillermo Stabile, Manuel Ferreira, Marino Evaristo USA: Jimmy Douglas, Alec Wood, George Moorhouse, Jimmy Gallagher, Raphael Tracey, Billy Gonsalves, Andy Auld, James Brown, Bert Patenaude, Tom Florie, Bart McGhee Gol: Luis Monti 20' (1-0), Alejandro Scopelli 56' (2-0), Guillermo Stabile 69' (3-0), Carlos Peucelle 80' (4-0), Carlos Peucelle 85' (5-0), Guillermo Stabile 87' (6-0), James Brown 89' (6-1) Arbitro: Jean Langenus (Belgio) Spettatori: 80.000 La rosa degli USA ai Mondiali 1930 Andrew Auld, C, (Johnston, R.I. - Providence Gold Bugs) Mike Bookie, A, (Cleveland, Ohio - Cleveland Slavia) James Brown, C, (New York, N.Y. - New York Giants) James Douglas, P, (Kearny, N.J. - New York Nationals) Thomas Florie, A, (Hughesdale, R.I. - New Bedford Whalers) - captain James Gallagher, D, (Brooklyn, N.Y. - New York Nationals) James Gentile, C, (Philadelphia, Pa. - Philadelphia F.C.) William Gonsalves, C, (Fall River, Mass. - Fall River Marksman) Bart McGhee, A (Philadelphia, Pa. - New York Nationals) Arnold Oliver, A, (New Bedford, Mass. - Providence Gold Bugs) George Moorhouse, D, (Long Beach, N.Y. - New York Giants) Bert Patenaude, A, (Fall River, Mass. - Fall River Marksmen) Philip Slone, D, (New York, N.Y. - New York Giants) Ralph Tracey, D, (St. Louis, Mo. - Ben Miller F.C.) Frank Vaughn, D, (St. Louis, Mo. - Ben Miller F.C.) Alexander Wood, D, (Detroit, Mich. - Holley Carburetors) Ct: Robert Millar Capo Delegazione / USFA Vice-President: Elmer Schroder Manager: Wilred Cummings Preparatore: Jack Coll Fonti The History of the World Cup Brian Glanville Faber and Faber, 1997 The United States Tackles The World Cup Roger Allaway, Colin Jose St. Johann Press, Haworth (NJ), 2002 The American History Archives Dave Litterer FIFA.com Wikipedia.com RSSSF.com NYTimes.com

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