Intervista a tutto campo con la Gazzetta dello Sport per il nuovo patron del Bologna, il magnate italocanadese Joey Saputo, proprietario anche del Montreal Impact della MLS.
«Sono nato a Montreal, stato di Quebec, in Canada da genitori emigrati dall’Italia - esordisce il chairman rossoblù - papà Emanuele (per tutti Lino) è originario di Montelepre, un paesino di 6mila abitanti in provincia di Palermo, dove l’anno passato gli hanno dedicato una festa; mamma Mirella è di Treviso. Ho due fratelli, Lino jr e Nadia. Mia moglie Carmie è di origine calabrese. Abbiamo 4 figli maschi, tutti tifosi di calcio: Luca, Simone, Joey e Jesse».
Le attività di famiglia
«Mio padre ha costruito la Saputo Incorporated fondata sul commercio dei latticini conquistando il terzo polo del mercato nordamericano. Nel tempo gli affari si sono allargati ad altri settori, ora sono quattro: alimentare, immobiliare, trasporti/logistica e legname. Negli immobili abbiamo molte proprietà (oltre 2 milioni di metri quadrati, ndr)nei trasporti con l’acquisto della Transforce mobilizziamo oltre 21mila camion. Nel 1997 le attività di famiglia sono state quotate alla Borsa di Montreal per 400 milioni di dollari e generano un fatturato di 10 miliardi. Negli ultimi anni, la famiglia ha diviso le attività in diverse holding: io gestisco quella immobiliare oltre ad essere titolare di una holding tutta mia, la Free2B, nella quale confluisce il Montreal Impact, il club del campionato MLS di cui sono presidente. Nel business la mia filosofia è non guardare alla top line (i ricavi nell’immediato) ma alla bottom line (la rendita nel tempo)».
Come è arrivato al calcio?
«È cominciato tutto nel 1993 quando mi sono avvicinato alla a squadra di una lega secondaria [era l'American Professional Soccer League (APSL)] di cui mio padre era sponsor. Quella squadra è diventata il Montreal Impact [quell'anno fu allenato da Eddie Firmani, Ndr]. Volevamo restituire alla comunità italiana in Canada quello che avevamo ricevuto in termini di successo e fortuna. All’epoca era un hobby, adesso è una passione. Il calcio mi è sempre piaciuto ma non l’ho mai praticato e non ho mai fatto il tifo per questo o quel club, da ragazzo giocavo ad hockey ghiaccio come tutti i canadesi».
Perché l'Italia?
«Non pensavo di comprare un club italiano. Se non fossi italocanadese non lo avrei mai fatto, le radici contano. In passato ho avuto contatti col Parma, ai tempi della vicenda Parmalat, e ci ho fatto un pensierino ma tutto è finito lì. Poi ho avuto rapporti con la Fiorentina per sviluppare la nostra academy giovanile al Montreal. È stato in quel periodo che ho conosciuto Pantaleo Corvino. Il Bologna si è presentato come un’opportunità che andava afferrata al volo. Non l’ho cercato, è arrivato da solo. È stato Andrew Nestor, patron dei Tampa Bay Rowdies, lega minore americana, amico comune mio e di Tacopina, a parlarmene. Nell’agosto scorso ho conosciuto Joe e abbiamo sviluppato la trattativa. [...]».
Il suo giudizio sul calcio italiano?
«È bello ma anche molto complicato. Per esempio la questione dei biglietti e degli ingressi allo stadio è un passaggio faticoso in confronto alle abitudini in Canada. Il problema è strutturale, occorre migliorare i servizi e le condizioni degli impianti. Sono stato allo Juventus Stadium su invito di Andrea Agnelli che conoscevo da tempo. È un modello rispetto allo standard italiano con 4mila posti per l’hospitality. Inoltre, bisogna ragionare sulle barriere tra i tifosi perché se vengono trattati come animali in gabbia è normale che si comportino da animali».
Al Bologna volevate Giovinco che ha scelto proprio il Canada. Commenti?
«Ho letto che va a Toronto, la nostra rivale, per tanti soldi. Noi abbiamo una strategia diversa sui contratti e sulle persone. Puntiamo su quei giocatori che hanno buone ragioni, non solo economiche, per venire da noi. L’esempio è Di Vaio. Auguro a Giovinco il meglio, per nostra fortuna verrà in Canada a luglio mentre il derby Montreal-Toronto è in programma a maggio». [...]
Col suo socio Tacopina come va?
«Joe con la sua energia ha portato entusiasmo facendo un grande lavoro in città ma adesso è il momento di rallentare, non dobbiamo sovraesporci troppo. La nostra partnership ha completato la prima fase, quella più facile. Non abbiamo fatto ancora niente. Adesso viene il difficile con tanti
obiettivi da raggiungere». [...]
Joey Saputo
Quando la Fiorentina si divertì a casa sua
«Andremo a giocare a Montreal, al Saputo Stadium, contro gli Impact di Joey Saputo! ». «E chi è?». «Vedrai... Un personaggio incredibile. La sua famiglia di origine italiana è leader, tra le altre cose, nella produzione di mozzarelle in Canada. Joey ha un impero, se vuole può comprarsi mezza Serie A...». Era il marzo 2010 quando Mencucci, ad della Fiorentina, annunciò per fine maggio la tournee canadese che avrebbe chiuso il ciclo viola di Prandelli. La notizia di Cesare futuro c.t. azzurro arrivò mentre la squadra era in volo per il Canada con tre giornalisti al seguito: io [Andrea Di Caro], Matteo Dalla Vite e Giovanni Sardelli. Sarebbe stata, quella tournee, l'occasione per salutare il tecnico che aveva fatto innamorare Firenze, e per scoprire che Mencucci aveva ragione. Saputo, oltre che ricchissimo, era davvero un tipo straordinario.
ILLUMINATO. All'inizio la sua quasi fanciullesca gioia nell'ospitare una squadra di A, ricordò quella di Amedeo Nazzari, l'emigrante italiano nel film Il Gaucho. Ma poi sentendolo parlare del futuro del soccer nord americano,di progetti, dello stadio da ristrutturare, fu evidente che lo Zio d'America era un manager illuminato. Come si illuminarono gli occhi dei giocatori un pomeriggio ospiti nella tenuta di Saputo. Parchi, fontane, una villa enorme. Frey saliva e scendeva dalle tante auto d'epoca della collezione di Saputo. Quella dei vini ricercatissimi stupì invece i compagni abituati alla non irresistibile produzione di rosso «Fenomeno 10» di Adrian Mutu. Donadel si limitò a dire: «Sembra Disneyland...». Joey come Walt? Al concreto ed equilibrato Saputo forse il paragone non piacerà, ma ai tifosi del Bologna è consentito sognare.