Un eventuale accordo dovrà essere trovato entro mercoledì notte, visto che giovedì il Chicago Fire è atteso da un aereo che porterà i suoi giocatori a Los Angeles per il match di apertura della MLS 2015 contro i LA Galaxy. Il problema è infatti che il contratto collettivo siglato nel 2010 è scaduto il 31 gennaio scorso e le parti (la MLS e la MLS Player Union) non hanno ancora trovato un nuovo accordo, anzi.
La questione legata ai compensi dei giocatori, sia per quanto riguarda il minimo sindacale che per il salary cap, è ancora da esaminare, ma appare essere l'ostacolo minore, come anche quella dei contratti garantiti (ma tra le richieste c'è l'obbligo di indennizzo delle spese in caso di trasferimento improvviso). A far saltare il tavolo potrebbe invece essere la free agency - quello che da noi si chiama svincolo - che i giocatori reclamano prendendo ad esempio i campionati di calcio di tutto il mondo.
“Abbiamo bisogno degli stessi diritti degli altri sport, tutti hanno una forma di free agency”, ha dichiarato il portiere Dan Kennedy (nella foto sotto), portavoce della Player Union, ammettendo inoltre che “ci sono alcune questioni di budget legate a salary cap e salario minimo”.
Ma come funziona la free agency in MLS? Ogni giocatore firma il proprio contratto direttamente con la lega, che formalmente è una single entity - una vera e propria società i cui azionisti/proprietari sono gli investor/operato delle franchigie - e che provvede anche al pagamento dello stipendio. Allo scadere del contratto con la singola franchigia però, il giocatore non può trasferirsi liberamente ad un'altra squadra MLS. Infatti, l'ultima squadra con la quale ha militato continua a detenere i diritti sul giocatore, e se un'altra franchigia vorrà ingaggiarlo dovrà compensare la titolare. Un vincolo di fatto, limitato solo dal cosiddetto Re-Entry Draft, un complesso sistema che prevede l'obbligo di pareggiare un'offerta per i giocatori oltre i 27 anni con una certa anzianità di servizia, perdendo altrimenti i diritti sui giocatori. Poca roba però, e il tutto sembra anche peggiore del vecchio sistema pre sentenza Bosman.
Il sistema non funziona però nel caso di trasferimento all'estero del giocatore, che però se poi vuole rientrare in MLS - se lasciato il club semplicemente a fine contratto - si ritrova i propri diritti in carico al vecchio club anche a distanza di anni. esemplare il caso dell'attaccante della Nazionale USA Herculez Gomez, i cui diritti sono ancora di proprietà dello Sporting KC nonostante il calciatore abbia lasciato gli USA nel 2009 per andaare giocare in Messico. Diverso ancora il caso in cui un giocatore sia ceduto all'estero in cambio di una fee: in quel caso al suo rientro ha qualche leva in più sulla contrattazione e la scelta della destinazione, per la quale di base è però previsto un "allocation order".
Ma sul tema della free agency la lega non pare pronta a mollare. L'ultima proposta lo dimostra: free agency per i giocatori di 32 anni con alle spalle 10 anni in un club. Una presa in giro, visto che di fatto ad oggi una situazione del genere si applicherebbe al solo Brad Davis (Houston Dynamo) e in 20 anni di MLS a soli sei giocatori: C.J. Brown, Brian Ching, Landon Donovan, Jaime Moreno, Ben Olsen e Logan Pause. Questo perché a causa del salary cap è assai improbabile per un giocatore una lunga permanenza.
Ma la MLS si fa forte della sentenza del 2002 - al termine di una causa durata sei anni - che l'ha vista uscire vincitrice, con un tribunale che ha stabilito la legittimità di quello che di fatto è un "cartello" legale, mentre nessun via libera era stato dato al modello di single entity.
Ma cos'è la single entity?
È un'invenzione di un economista di origine indiana di nome Sunil Gulati - attuale presidente della US Soccer Federation e ex dipendente della Kraft Soccer, azionista MLS -, e di Mark Abbott, vicepresidente della lega, e senza cui probabilmente oggi la MLS non esisterebbe. Nessuno aveva mai provato prima a gestire uno sport professionistico come una corporation in cui le squadre sono un ibrido tra le tradizionali franchigie e negozi in franchising. A 15 anni dall'avvio dell'esperimento elaborato da Gulati, dopo essere sopravvissuta ad un processo finalizzato a dichiarare la MLS un cartello illegale, la Major League Soccer è oggi ancora viva e in crescita nonostante la crisi economica globale, e ciò grazie prorio al sistema della single-entity.
Sotto la single-entity, i teams sono al 51% di proprietà della lega e sotto il controllo del suo Board of Governors, mentre il 49% è di prorietà del singolo gruppo o imprenditore, cosiddetto investor/operator. Profitti e perdite sono suddivisi in proporzione tra le società , in una specie di sistema "comunista", che però ha consentito alla MLS di superare numerose difficoltà finanziarie, le stesse che in passato hanno ucciso altre leghe.
Sempre sotto la single-entity, i calciatori firmano i contratti con la lega, che poi li "alloca" ai club secondo regole un po' astruse, con le società spesso impedite a poter rilanciare per il singolo giocatore. Un sistema che un economista potrebbe definire di deflazione artificiale (voluta) degli ingaggi.
Inevitabilmente questo sistema crea da sempre notevole frustrazione tra i calciatori della MLS, che in passato hanno anche portato la lega in tribunale al riguardo, uscendone però sconfitti. Sconfitta che ha stabilizzato il sistema creato da Gulati, ma che certo ha reso i giocatori - specie quelli americani - assai poco padroni del loro destino. Diciamo che se in Europa la sentenza Bosman ha dato tutto il potere ai calciatori con tutta una serie di eccessi di cui oggi si vedono le conseguenze, negli Stati Uniti vige un sistema che consegna tutto il potere alla lega, in maniera altrettanto eccessiva.
E quindi proprio il sistema della single entity a bloccare la possibilità dello svincolo, che second Garber metterebbe a rischio tutta la costruzione di questi anni, aprendo spazi per aste sui giocatori che - sempre secondo lui - porterebbero la MLS a finire come la NASL. E qui certo si sente che siamo in periodo di trattative sindacali. Non si capisce infatti come, con un salary cap ben definito e un limite d'ingaggio del singolo giocatore bloccato a 400 mila dollari, lo svincolo potrebbe creare problemi finanziari alle singole franchigie.
In realtà ciò che sino ad oggi ha reso la MLS una lega sana, che le ha consentito di uscire dalle difiicoltà finanziarie di inizio anni zero, è stato il sistema di revenue sharing costruito intorno alla single entity. E allora non si capisce quale sia il problema con lo svincolo, tanto più che le singole società hanno sempre potuto spendere liberamente per i coach e staff vario.
Chiaro peraltro l'atteggiamento dei proprietari, testimoniato in un'intervista da Dell Hoy Hansen, investor/operator del Real Salt Lake che ha definito parlare di free agency "una perdita di tempo". Per lui è arrivata dalla MLS una multa da 150mila dollari - la più alta mai comminata dalla lega - per aver influito sulle negoziazioni, a dimostrazione della delicatezza del tema.
Intanto il tempo stringe e la lega sta cercando di studiare un compromesso per accontentare i giocatori, ma da quanto traspare l'accordo sembra lontano.Per i giocatori la situazione non è semplice, specie per quelli che guadagnano di meno (gente da 45mila l'anno), che si troverebbero anche senza assicurazione medica. E già è uscita la voce che alcuni agenti stanno organizzando per i propri assistiti periodi di allenamento all'estero o con club della NASL. A dimostrazione che lo sciopero è una possibilità reale, anche se la sconfitta a seguito del tentativo del 1996 ancora brucia.
Il supporto esterno allo sciopero
A supporto della MLS Player Association sembra però che stia arrivando il sostegno dei sindacati delle altre leghe pro americane - NFL e NBA principalemte - pronti a pompare dollari nel fondo di sostegno per i giocatori in sciopero, impauriti che il concetto di single entity possa espandersi anche nei loro rispettivi sport. Del resto, molti proprietari coincidono: da Jonathan Kraft (New England Rvolution in MLS e Patriots in NFL) a Stan Kroenke (Colorado Rapids in MLS e Avalanche in NHL), fino a Lew Wolff e John Fisher (San Jose Earthquakes e Oakland A's) e altri.
Le alternative al momento sono le seguenti: lo sciopero, un lockout (per decisione della lega), la continuazione delle negoziazioni, o infine l'avvio di una causa antitrust, improbabile ma che metterebbe a rischio la natura stessa della MLS. Un modello esemplare di teoria dei giochi: se i giocatori andranno in sciopero molti saranno a rischio professionale serio, ma allo stesso tempo se i proprietari non molleranno e i giocatori saranno capaci di reggere, ad essere a rischio potrebbe essere la stessa MLS. Basti pensare che la NHL non si è ancora davvero ripresa dalla chiusura di qualche anno fa e persino la Major League Baseball (MLB) ne ha subito le conseguenze nefaste per anni.
Mancano 24h ad una (prima?) decisione, l'accordo non c'è, e i 60.000 che sono pronti a riempire il Citrus Bowl di Orlando per l'esordio di Kakà contro il New York City FC di David Villa potrebbero avere una brutta sorpresa.