Lunga intervista di Giuseppe 'Pepito' Rossi alla Gazzetta dello Sport in cui l'attaccante della Fiorentina e della Nazionale azzurra, ma nato nel New Jersey, affronta molti argomenti: dal nuovo CT Antonio Conte ai brutti infortuni e un calcio nostrano in difficoltà, fino al suo tifo per Italia e USA, lui che ha scelto gli Azzurri da sempre, procurandosi non poche critiche oltre oceano.
Ecco gli spunti principali:
I Mondiali
«All’inizio avevo solo bisogno di andare via [...] di divertirmi. [...] Sono stato al mare alle Bahamas con la mia famiglia, poi sono tornato a casa e ho visto le partite dell’Italia e anche altre. Logico che abbia provato dispiacere per i miei compagni e per tutti quelli che lavorano per la squadra, e anche per l’eliminazione degli Stati Uniti. C’era tanta passione intorno al Team, avevano perfino inventato un coro, e i miei amici andavano al bar a vedere la partita con la maglia della nazionale americana addosso».
Su Antonio Conte CT
«Sappiamo quello che ha fatto con la Juve, gli scudetti sono lì a parlare per lui. Conte tira fuori il meglio da ogni giocatore, è un vincente e questa è una cosa molto importante».
Gli infortuni
«Io non sono di cristallo, so che per essere al cento per cento devo fare lavori specifici e allenarmi più di altri, ma non voglio sentirmi limitato. Ho avuto tre infortuni gravi in pochi anni, è logico che ci sia qualcosa di diverso nelle mie articolazioni e nel lavoro che devo fare, ma questo non deve significare che non posso reggere 90 minuti o più partite in una settimana, altrimenti che senso avrebbe tutto quello che ho fatto? Se non potessi giocare troppo spesso non potrei nemmeno ambire a tornare in Nazionale. No, io non lavoro per questo. Lavoro per poter fare quello che fanno tutti i giocatori».
Il campionato italiano e gli altri
«Da un punto di vista tattico e tecnico, non direi proprio [...] che la distanza fra le grandi squadre italiane e quelle europee sia tanta. A livello di gioco non sono preoccupato, è quello che c’è intorno che non va bene. In quel senso possiamo imparare da Spagna e Inghilterra».
Il suo essere americano
«Sinceramente non ho mai pensato di trasmettere agli altri il mio modo di intendere il calcio e lo sport. Io lo vivo a modo mio,
sono fatto così, ma nessuno è uguale a un altro. A me piace giocare e mi piace che la gente si diverta, e per vivere meglio i momenti importanti mi piace prendere spunti dai campioni di altri sport, tipo Federer e Kobe Bryant Mi piace vedere come si preparano alle situazionichiave, cercare di capire cosa passa nelle loro teste, come fa Kobe a prendersi sempre la palla più pesante restando calmo e come fa Federer a tirare un ace all’incrocio in un match point. Questa capacità di esser imperturbabili mi incuriosisce».