Negli Usa conoscono i waffles e l’insalata belga, stasera assaggeranno anche la Nazionale.
La squadra di Klinsmann gioca un calcio volenteroso. Tra i rivali c’è più classe
Al breakfast i bambini americani divorano «Belgian waffles», spugnose frittelle di uova e farina, cotte su una piastra a scacchi e inondate da sciroppo d’acero o, per i più mangioni da panna montata. Nel 1988 il candidato democratico Mike Dukakis fu invece inondato da sarcasmi, per aver proposto che l’agricoltura Usa coltivasse meno grano e più insalata Belga: «L’insalata belga non la mangio», storse il naso il rivale George Bush.
Malgrado lo scrittore Georges Simenon, l’attrice Audrey Hepburn, nata a Bruxelles come Edda van Heemstra Hepburn-Ruston e la stilista Liz Claiborne, anche lei nata belga come Elizabeth Claiborne Ortenberg, gli americani non sempre prendono sul serio il serissimo paese di Fiamminghi e Valloni. Oggi però corrono il rischio, davanti a Eden Hazard e compagni, di doversi rimangiare i «Belgian waffles» dei bambini, perché a «to waffle», cioè restar imbarazzata, impantanarsi, non saper che pesci prendere, potrebbe essere la Nazionale Usa di Klinsmann.
Vero è che il Belgio finora indicato da molti, per esempio l’allenatore della Germania Löw, come una delle favorite al titolo, non incanta e ha solo 15 giocatori a disposizione, con il capitano Kompany in forse e Defour squalificato. Altrettanto vero che gli Usa giocano un calcio volenteroso al più e, se il sorteggio li avesse opposti ai tedeschi in prima giornata, sarebbero magari toccate a loro, e non a Cristiano Ronaldo, goleada ed eliminazione.
Il che porta a riflettere sull’influenza del caso, o se preferite il linguaggio da Bar Sport di un differente sinonimo del caso che pure comincia per «c» e termina per «o». È importante la fortuna nel calcio o solo il merito conta? Il pallone di Pinilla che timbra la traversa del Brasile nei tempi supplementari è «sfiga» o errore, minore nelle proporzioni della palla in tribuna ma pur sempre errore?
In un bellissimo articolo su Wired Italia l’economista Matteo Mortellini analizza «L’insostenibile scienza dei calci di rigore», con analisi che i giocatori greci e cileni avrebbero dovuto leggere per non perdere ai penalties contro Costa Rica e Brasile. Chi calcia per primo ha maggiori chances di vincere e i capitani dunque chiedono di cominciare, se vincono il sorteggio, al contrario di Buffon all’Europeo 2008 con la Spagna e infatti l’Italia fu sconfitta. Perfino esultare se si segna il proprio rigore ha un effetto statistico: gli avversari tendono poi a sbagliare di più, i compagni a segnare di più.
Il calcio è allora scienza esatta e «caso» e suo sinonimo non esistono? Non del tutto, perché gli studi del Nobel John Nash dimostrano che la realtà non è immobile, oggi la miglior strategia per tirare un rigore è «dritto per dritto» come i ragazzini alla Playstation (il portiere del videogioco si butta comunque), o il cucchiaio, ma se più rigoristi tirassero centrale o cucchiai alla Panenka-Totti, i portieri muterebbero a loro volta strategia e il gioco tornerebbe pari.
Ecco perché le partite del Mondiale a eliminazione diretta tolgono il respiro ai tifosi come ai giocatori. Nei campionati, nelle partite di Coppa con andata e ritorno, prendere un gol è poco influente o correggibile. In 90’ secchi un gol basta a esser decisivo, vedi i guai della povera Italia, di Grecia, Messico, Nigeria. Per questo, a sportellate atletiche, la Nigeria ha cercato il gol tagliagambe contro la Francia, così faranno gli Usa patria di John Nash. Perché quello che al Bar si chiama «caso» è sofisticata teoria di dati, psicologia, fisica.
Altro che «Belgian waffles». Non vi fidate? Non siete i soli, anche gli analisti di www.statsbomb. com cercano da tempo l’algoritmo della fortuna nel gol, ma – purtroppo o per fortuna non so dirvi - ancora non l’han trovato…