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L'ottimo lavoro di Klinsmann. Ma il mestiere viene solo col tempo
Scritto il 2014-06-24 da SoccerItalia su Nazionale USA

Ieri rimandavano le immagini di Usa-Portogallo senza commento del telecronista. Solo i rumori dello stadio. Metà del secondo tempo. Parte Nani da sinistra e, di esterno a girare, tagliando il campo, lancia profondo per Cristiano Ronaldo. L’americano Fabian Johnson, invece di scalare su Ronaldo, sale e spezza la diagonale difensiva (poi Ronaldo, pur ritrovandosi da solo con il pallone tra i piedi, cincischia e spreca).

A questo punto si vede l’allenatore degli Stati Uniti, Jurgen Klinsmann, alzarsi di scatto e iniziare a urlare. Gli allenatori si arrabbiano spesso, va bene. Ma questa è un’immagine abbastanza speciale e utile per sapere due cose. La prima: fino a quel momento, in difesa, gli statunitensi non avevano commesso errori troppo volgari tatticamente. Anzi: avresti persino detto che, nel complesso, la loro manovra era ordinata, rigorosa (Michael Bradley impeccabile) con certe ripartenze addirittura entusiasmanti (Clint Dempsey: «Occhi di lupo che cerca gol», cit. Vujadin Boskov).

L’altra cosa da sapere è invece che il tedesco Jurgen Klinsmann, quando parla di calcio, sa farsi capire anche perché parla uno slang yankee perfetto (del resto vive da 14 anni, con sua moglie, la ex modella Debbie Chin, a Newport Beach, in una magnifica villa sull’Oceano; fuori, gabbiani in picchiata; dentro, in salotto, le foto di quando giocava nell’Inter- Sturmtruppen, con Lothar Matthaeus e Andreas Brehme).

Klinsmann ha davvero fatto un ottimo lavoro sulla sua nazionale. Ora guardiamo la classifica del girone G e pensiamo: gli Stati Uniti possono passare il turno. In verità pensiamo anche che per passarlo gli sarebbe sufficiente un pareggio nella prossima e ultima partita della prima fase, Usa-Germania: una
partita inevitabilmente strana, inquieta, per le nostre coscienze periodicamente  turbate dagli scandali del calcioscommesse.

Sapere che l’attuale tecnico dei tedeschi, Joachim Loew, fu il vice di Klinsmann, quando era lui, Klinsmann (2004- 2006) a sedere sulla panchina della Germania, scatena luride fantasie da complotto molto italiano. Però l’idea che quei due — ancora grandi amici e complici — optino per un biscotto in mondovisione rimettendoci così la faccia, francamente, fa ridere. Se la giocheranno, certo non alla morte, ma se la giocheranno. «Vorrei ricordare a tutti che, davanti alla tivù, ci saranno milioni e milioni di tifosi americani»: compresi — questo Klinsmann lo sa bene ma non lo dice — tutti gli imprenditori che hanno deciso di investire nella MLS, costruendo stadi nuovi dentro cui portare  nuovo pubblico; e che alla NL'ottimo lavoro di Klinsmann. azionale chiedono perciò di tornare dal Brasile portandosi dietro credibilità, consapevolezza, allegria. Il New York Times ironizza: «Jurgen è un allenatore fortunato: è l’unico al mondo a cui nessuno chiede di vincere i Mondiali». Jurgen replica un po’ seccato. «Il problema è superare il primo turno. Se ci riusciamo, il cielo è il nostro unico limite».

Una visione da sogno americano: ma nel calcio non tutto è sempre possibile. Perché tu puoi allestire una buona squadra con il meglio che hai, e puoi dargli coraggio, e puoi insegnargli schemi efficaci. Però il mestiere, quello, viene solo con il tempo. A 54 secondi dalla fine, se stai vincendo 2 a 1 con il Portogallo, il pallone lo tieni. Non lo giochi. Te ne vai magari sulla bandierina del calcio d’angolo. Prendi fallo. Perdi tempo. Aspetti il fischio. Se non fai così, arriva Ronaldo, ti toglie il giocattolo e se lo porta via, verso il pareggio.

Fonte: Fabrizio Roncone - Corriere della Sera

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