Sulla sua gamba si impunta il piede di Marchisio, con conseguente cartellino rosso per il centrocampista juventino. Vederlo poi saltare in slalom 4 difensori italiani e presentarsi solo davanti a Buffon dà il quadro esatto della profonda crisi - da cui al momento non si vede uscita - in cui è sprofondato il calcio italiano. Parliamo infatti di Arévalo Ríos, uno dei protagonisti della Celeste che ha superato l'Italia, uno che è uno scarto di Palermo e Chicago Fire.
Una lenta maturazione, la promessa di diventare l'eroe dei due mondi dopo una vita spesa tra Uruguay (Paysandu, Bella Vista, e Penarol, con cui vince il campionato 2009/10)), Brasile (Botafogo) e Messico (dove al Tijuana giocava coi nazionali USA Joe Corona ed Edgar Castillo, vincendo anche il torneo Apertura 2012) Egidio Arevalo Rios aveva illuso tutti, con il primo gol stagionale del Palermo. Un destro di rara bellezza e importanza, ma il 32enne uruguaiano si spegne alla distanza, spesso fuori forma (o meglio, sovrappeso), travolto dalla pessima stagione dei rosanero terminata con la retrocessione in Serie B. Dopo la firma col Chicago Fire, l´ex centrocampista del Palermo fu gentile: "A Palermo sono stato trattato bene e dico ancora grazie a Zamparini".
Nell'estate 2013 va in prestito in MLS, al Chicago Fire, dove alla fine gioca solo 9 partite, finendo tagliato a fine stagione per volontà di coach Frank Yallop. “Ho visto giocare Rios qualche volta, ed è un buon giocatore, ma non rientra nei nostri piani, nè dal punto di vista del gioco né da quello finanziario. Abbiamo già ottimi giocatori, e non esercitare l'opzione ci dà flessibilità sul salary cap". In sintesi, un taglio a tutti gli effetti, e i motivi erano in realtà gli stessi di Palermo. Fortunatamente per lui, riesce a piazzarsi in Messico, prima al Monarcas Morelia e poi al Tigres, sempre senza troppi lampi.
Ma dove El Cacha dà il meglio di sé è con la maglia dell'Uruguay. Per lui con la Celeste 56 partite, di cui 7 ai Mondiali 2010 che l'Uruguay ha chiuso al quarto posto, e per ora tre in Brasile. Nel 2011 è uno dei protagonisti della Copa América vinta dall'Uruguay, ed è suo un assist per il gol di Diego Forlán in finale.
E oggi è stato lui, uno scarto del Chicago Fire, insieme a Muslera, uno scarto della SS Lazio, a Stuani, uno che non sfondò alla Reggina, ad Abel Hernandez, di casa al Palermo in B (e va bene, anche il "cannibale" Suarez e Cavani) ad eliminare l'Italia.
E prima di loro la botta più forte era arrivata dal Costa Rica di Giancarlo Gonzalez (Columbus Crew) e Ryan Miller (New York Red Bulls) - e mancava il centravanti titolare, l'infortunato Alvaro Saborio (Real Salt Lake) - che ha chiuso il Girone in testa davanti all'Uruguay.
E' vero, l'Inghilterra è arrivata ultima, dietro l'Italia. Ma almeno loro hanno la Premier League. All'Italia è invece rimasta una Serie A di basso livello, con proprietari di club interessati solo a spartirsi i soldi dei diritti TV, e che ormai esprime una Nazionale di livello ancor più basso, come si può ricavare da una frase di Cesare Prandelli: "L'Uruguay ha subito il nostro palleggio ma quando ripartivano lo facevano con una velocità impressionante. Il nostro calcio non produce questi giocatori e devi inventarti qualcosa di diverso". A questo siamo arrivati. Ma tanto la CONCACAF è scarsa, no?