Con ancora negli occhi il tributo fattogli dai tifosi del Montreal Impact al Saputo Stadium la scorsa settimana, Alessandro Nesta si concede per una lunga intervista con Massimo Lopes Pegna, inviato negli USA della Gazzetta dello Sport.
Tanti i temi toccati, con centrale la sua voglia di restare nel calcio da allenatore, magari al Milan o forse anche negli Stati Uniti.
Ecco però i passi principali dell'intervista con i riferimenti alla sua esperienza nella MLS.
Montreal la festa d’addio gliel’hanno già fatta: degna di una grande star. Poi, bisognerà vedere se quella di sabato scorso sarà stata l’ultima apparizione da calciatore. Ieri, Alessandro Nesta ha saltato il derby con Toronto (ultimo match di «regular season») per un fastidio al polpaccio, uno dei tanti problemi fisici che lo hanno forse spinto a smettere.
Se gli Impact si qualificheranno per i playoff, la sua carriera potrebbe avere un sussulto, con possibilità di arrivare al titolo MLS: sarebbe l’happy end di una meravigliosa favola.
Nesta, quando ha deciso di pensionarsi?
«A metà di questa stagione. Credevo che la vita qui fosse meno stancante, ma è un continuo viaggiare. Spesso si gioca sul sintetico e coi miei guai fisici non è
facile».Una stagione e mezzo nella MLS: che cosa c’è da imparare e da insegnare?
«È incredibile il modo in cui sanno vendere il prodotto, ancora di qualità inferiore a quello europeo. Nel marketing sono bravi. Abbiamo giocato in stadi pieni. A Seattle c’erano 60 mila persone e in Italia quelle cifre sono fantascienza o quasi. Sull’aspetto tattico e tecnico devono crescere».Suggerimenti?
«Devono importare più allenatori dal Vecchio Continente e giocatori. Qui i ragazzi nelle scuole praticano due o tre sport prima di scegliere la strada definitiva. Cominciare seriamente con il soccer a 16 anni è tardi».Verrà lei a dare una mano, anche se un anno fa ci disse di voler allenare solo ad alto livello?
«Ci proverò. Prima, però, mi devo preparare. Ho fatto due corsi, mi manca il terzo che dura un anno. La famiglia resterà a Miami, perché non vorrei staccarmi dagli Usa. Mentre io farò la spola. Poi vediamo cosa succede. Mi piacerebbe allenare ad alto livello. Però può darsi che debba iniziare dal settore giovanile. Chissà, magari al Milan, ma non escludo di rimanere negli Stati Uniti».Perché l’allenatore?
«Perché ho fatto calcio fin da piccolo e sarebbe difficile staccarsi da questo mondo. È la cosa più vicina a giocare».[...] Totti è suo coetaneo. Non solo non smette, ma rischia di andare anche al Mondiale.
«Lo spero per lui. Sta bene e ha avuto meno infortuni di me. Un difensore ha vita più corta, non ti puoi mai fermare: quando scatta il tuo avversario gli devi correre dietro. Incontri ragazzi che vanno a duemila e se non hai gambe non la becchi mai. Lì davanti puoi farti qualche pausa».Visto che è in vena di pronostici ed è appassionato di basket, chi vincerà l’Nba?
«Miami. È la più forte. Purtroppo non ho ancora conosciuto LeBron James».
Ma chissà, magari quando sarà il coach della franchigia di Miami l'incontro si farà. Intanto di oggi il ricordo del Nesta giocatore di Marco Ballotta, ex portiere di Parma, Lazio e Inter e tutt'ora giocatore più anziano a scendere in campo in Serie A a 42 anni.
"Nesta è stato mio compagno di camera per tre anni, era piccolo. Ricordo quando Mancini, sotto la doccia, gli diede la fascia di capitano dopo una decisione unanime. Già a quella età si vedeva che era un ragazzo con la testa sulle spalle e lo ha sempre dimostrato".